L'hijab sgradito

Teheran: "sms" di avvertimento al posto della polizia morale e conti bancari bloccati

L'annuncio del membro della commissione cultura Jalali conferma che Teheran ha intenzione di sospendere la polizia morale, mentre arrivano 5 condanne a morte per l'uccisione di un basij. Piperno su Istagram: "Cosa serve per fermare tutto questo?"

Teheran: "sms" di avvertimento al posto della polizia morale e conti bancari bloccati
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Iraniana senza velo a Teheran

"Sms", messaggi di avvertimento al posto della polizia morale e conti bancari delle donne, che non portano il velo, bloccati. Lo ha annunciato Hossein Jalali, membro della commissione cultura del parlamento iraniano, come riporta il quotidiano riformista Shargh, spiegando i primi punti di un piano statale alternativo, in sostituzione della polizia morale. Il piano, ancora allo studio, chiamato "Efaf (castità) e hijab", sarà pronto in due settimane e prevederà "misure punitive più moderne e precise contro l'abbigliamento improprio". Teheran conferma così la sua intenzione di sospendere l'organo di controllo responsabile insieme ai pasdaran di reprimere le manifestazioni. 

"Quando sarà operativo, la Gasht-e Ershad (la polizia morale, ndr) sarà sostituita da nuove misure. Ad esempio, le donne che non osservano l'hijab riceveranno prima notifiche via sms, poi avvertimenti e in una terza fase il loro conto bancario potrebbe essere bloccato", spiega il quotidiano riformista Shargh. 

E cosa non poco rilevante per le centiania di ragazze che hanno bruciato gli hijab per le strade, "non ci sarà alcun ritiro dal piano dell'hijab perchè il ritiro significa il ritiro della Repubblica islamica", ha affermato Jalali.

L'hijab islamico obbligatorio, considerato da alcuni come il muro di Berlino della guerra fredda degli anni '80, simbolo per eccellenza della lettura sciita del Corano, è invece oramai avvertito come sempre più insopportabile dalle donne e dalla popolazione che chiede riforme urgenti non più procastinabili sia sociali che economiche. La protesta iniziata quasi tre mesi fa in seguito alla morte della 22enne curda Mahsa Amini, proprio a causa di una ciocca di capelli che fuoriusciva dal suo hijab, è solo l'ultima, ma non meno importante, di forti proteste contro la Repubblica islamica degli ultimi 40 anni. 

Jalali ieri aveva fatto riferimento a nuovi provvedimenti da mettere in pratica nelle prossime settimane riguardo all'uso del velo in pubblico, obbligatorio nella Repubblica islamica fin dalla sua fondazione nel 1979.  Le sue dichiarazioni erano apparse come “una smentita” rispetto a ciò che il procuratore generale Montazeri aveva detto sabato in merito ad una “temporanea chiusura” usando il termine تعطیل (tatil) in persiano, della polizia morale iraniana, incaricata proprio del controllo del rispetto dei precetti della Sharia sulla popolazione. 

Una iraniana si taglia i capelli davanti all'ambasciata dell'Iran a Giacarta, Indonesia ansa
Una iraniana si taglia i capelli davanti all'ambasciata dell'Iran a Giacarta, Indonesia

Una protesta, quella in corso, che è divenuta oramai inarrestabile e coinvolge tutto il Paese. Nella notte sono continuate nella capitale Teheran, a Kuzaran, Karaj, Mashad, Rasht, Shiraz e Arak, dopo che attivisti avevano indetto tre giorni di sciopero, a partire da ieri, in attesa della Giornata dello studente di domani in cui è attesa una mobilitazione generale. Alcuni video diffusi sui social media da attivisti mostrano soprattutto dimostrazioni pacifiche con gruppi di donne e uomini che gridano slogan contro la guida suprema Ali Khamenei, non senza momenti in cui manifestanti appiccano il fuoco in mezzo alla strada per bloccare il traffico o lanciare oggetti contro edifici. I Pasdaran hanno reso noto di aver arrestato 12 presunti "sabotatori" nella provincia di Markazi, a sud-ovest di Teheran, con l'accusa di aver svolto "attività contro la sicurezza nazionale". Il gruppo avrebbe avuto "collegamenti con l'estero" in particolare con "agenti controrivoluzionari che vivono in Germania e nei Paesi Bassi", paesi che si aggiungono a quelli considerati “nemici” da Teheran come Usa, Israele e Arabia Saudita.

I social hanno un'importanza enorme nel documentare la protesta dentro e fuori il grande Paese del Medioriente con oltre 85 milioni di abitanti. La rete internet viene sistematicamente bloccata dalle autorità per impedire la diffusione di notizie in merito alla repressione. Più di 20 fra attivisti per i diritti umani, giornalisti e diplomatici sono stati colpiti da hacker legati a Teheran, che hanno rubato loro dati e informazioni, secondo un rapporto di due organizzazioni per la difesa dei diritti umani, Amnesty International e Human Rights Watch. Ne dà notizia Bloomberg, secondo cui gli hacker si sarebbero introdotti nei computer delle vittime attraverso un messaggio Whatsapp, tentando anche in alcuni casi di accedere ai dati del cloud di Google dei loro bersagli. Secondo il rapporto, gli attacchi e i tentativi di intromissioni sarebbero stati condotti da un gruppo noto come Apt42, che sarebbe controllato dai Guardiani della rivoluzione iraniani. Nel rapporto, Hrw ha anche criticato Google per non aver fatto abbastanza per salvaguardare i dati dei suoi utenti. 

Donne con il velo a Teheran GettyImages
Donne con il velo a Teheran

Intanto la magistratura non si ferma, cinque degli arrestati per aver ucciso a pugnalate il membro delle forze paramilitari basij Ruhollah Ajamian, il 3 novembre a a Karaj, sono stati condannati a morte, con l'accusa di "corruzione in terra" per aver avuto un ruolo effettivo nell'omicidio. La conferma dal portavoce della magistratura Massoud Setayeshi. "Altri 11 imputati nello stesso caso, tra cui tre minorenni, sono stati condannati a 18 anni di reclusione", ha aggiunto citato dall'irna. 

Il regime colpisce anche la stampa, sono una quarantina i giornalisti in prigione, a loro si aggiunge ora il vicedirettore dell'agenzia di stampa iraniana Fars, vicina alle autorità, arrestato "per falsificazione di notizie", secondo IRIB. Abbas Darvish Tavanger "è ancora in custodia in modo che si possano conoscere i motivi per cui stava truccando le notizie e creando falsa informazione".

Donne iraniane - immagine d'archivio Morteza Nikoubazl/NurPhoto via Getty Images
Donne iraniane - immagine d'archivio

In carcere ci sono 18.000 persone delle ultime proteste, nomi noti e meno noti in Iran. Tra loro c'è Fahimeh Karimi allenatrice di pallavolo e madre di tre figli. Arrestata durante una manifestazione a Pakdasht, nella provincia di Teheran, è accusata di essere una delle leader delle manifestazioni di ribellione e di aver sferrato calci a un paramilitare Basiji, secondo quanto scrivono i media e i social.

“Fahimeh è stata la mia compagna di cella per 34 giorni. Un giorno è uscita dalla cella per andare in infermeria, e non è più tornata” ha scritto Alessia Piperno sul suo Istagram - "Tra di noi non ci sono state grandi conversazioni, dal momento che io non parlavo farsi e lei non parlava inglese. Ma eravamo unite dallo stesso dolore e dalle stesse paure.  Ti canto Bella ciao, e tu ti metti a piangere, altre volte mi batti le mani. Vorrei dirti di più, ma che ti dico? Ho cercato il suo nome ogni giorno da quando sono tornata, per controllare se avessero liberato anche lei. Invece mi sono trovata davanti a un articolo con il suo volto con scritto ‘condannata a morte’ Cosa serve per fermare tutto questo?". ha proseguito la travel blogger romana, arrestata in Iran e poi liberata. 

Fahimeh Karimi twitter/@MohammadaHabib
Fahimeh Karimi