La decisione del tribunale dopo quattro ore di camera di consiglio

Naufragio dei bambini dell'11 ottobre 2013: reato prescritto

Sul peschereccio, che partiva dalla Libia dalla costa di Zaura, c'erano 268 persone, tra cui 60 minori

Naufragio dei bambini dell'11 ottobre 2013: reato prescritto
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naufraghi salvati poi dalla Nave Libra della Marina Militare,2013

"Non doversi procedere" perché i reati sono estinti "per intervenuta prescrizione". Si è chiuso così, davanti ai giudici della seconda sezione penale del tribunale di Roma, il processo sulla morte di 268 siriani, tra cui una sessantina di bambini, avvenuta l'11 ottobre 2013 quando un barcone di profughi che scappavano dalla guerra affondò in acque maltesi, a poca distanza da Lampedusa. Sul banco degli imputati figuravano Leopoldo Manna, comandante responsabile della sala operativa della Guardia Costiera, e Luca Licciardi, capo della sala operativa della squadra navale della Marina Militare: i due erano accusati di omicidio colposo e rifiuto d'atti d'ufficio, ma la procura, in sede di requisitoria nell'udienza del 4 ottobre scorso, si era espressa per la loro assoluzione.

Il tribunale, però, dopo oltre quattro ore di camera di consiglio, non è stato dello stesso avviso e solo dalla lettura delle motivazioni si potranno comprendere le ragioni che hanno spinto il collegio a non optare per l'assoluzione di Manna e Licciardi.   

"Appare francamente fuori da ogni elemento emerso immaginare la volontà degli imputati di volere la morte dei migranti - avevano osservato il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco e il pm Santina Lionetti la scorsa udienza - . Non c'è alcun dolo, le procedure sono state rispettate e la loro missione è salvare le persone in mare".  La procura di Roma, già a suo tempo, aveva sollecitato l'archiviazione del procedimento penale e in aula si è arrivati solo dopo l'imputazione coatta imposta dal gip.   

 "Le procedure di soccorso, seppur farraginose all'epoca, sono state attuate - aveva spiegato la procura -. I due ufficiali non si sono disinteressati della vicenda e hanno compiuto le procedure previste all'epoca. Le modalità con cui è avvenuto il naufragio non hanno permesso che ci fosse un bilancio ufficiale, c'è un deficit di conoscenza sul numero dei morti, sulle cause e sulla riconducibilità al presunto ritardo. La nave Libra, sollecitata da Malta, non sarebbe potuta arrivare prima. Non ci sono elementi per affermare la penale responsabilità degli imputati, le procedure sono state rispettate".

"Con questa sentenza non è emersa la non colpevolezza dei due imputati. Ora valuteremo le motivazioni sul calcolo della prescrizione e le strade sono due: o l'appello in sede penale o l'avvio in sede civile dell'azione per il risarcimento del danno". Così l'avvocato Arturo Salerni, legale di alcune delle parti  civili.

"Confidavamo in una sentenza di assoluzione, soprattutto dopo l'intervento in aula della procura. E la sentenza di 'non luogo a procedere' per intervenuta prescrizione dei reati lascia un po' di amaro in bocca". Lo afferma l'avvocato Luca  Ciaglia, difensore di Leopoldo Manna, uno dei due ufficiali imputati. "La prescrizione, che scatta dopo 7 anni e mezzo, è un fatto  incontrovertibile però dobbiamo aspettare di leggere le motivazioni per capire come mai il collegio non abbia voluto assolvere i due imputati, come aveva chiesto la procura" aggiunge Ciaglia.

Nave Libra della Marina Militare,2013 ansa
Nave Libra della Marina Militare,2013

La storia 

Il «naufragio dei bambini» dell’11 ottobre 2013 costò la vita a 268 persone, tra cui 60 minori. La notte del 10 ottobre nelle acque circostanti Lampedusa si cercavano ancora i cadaveri del grande naufragio che una settimana mentre e a 278 chilometri più a sud un peschereccio si lasciava alle spalle le coste libiche di Zuara. Il suo carico:migranti. La prima richiesta di soccorso da bordo parte alle 12.26: un telefono satellitare chiama il centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano. Il barcone è stato raggiunto da una raffica di mitra poco dopo la partenza, lo scafo imbarca acqua e ci sono dei feriti.

Le autorità italiane individuano la posizione. È a circa 60 miglia da Lampedusa e circa al doppio da La Valletta, ma l’area di responsabilità per la ricerca e il soccorso è quella maltese. Nelle vicinanze si trova la nave militare italiana Libra.

Malta dice di assumere il coordinamento del caso, alle 14.35 lo formalizza per iscritto. Ma solo poi deciderà di non intervenire perché l’imbarcazione è “instabile e sovraffollata” (Dopo quella missione il comandante maltese Abela si dimetterà per l’impotenza provata di fronte a centinaia di persone che annegavano e l’«inutilità» dell’azione delle forze armate).

Malta invia un fax alla guardia costiera italiana in cui chiede l’impiego della nave Libra. Alle 17.05 il barcone si ribalta. A quel punto la Libra riceve l’ordine di raggiungerlo. Nelle ore precedenti la nave, condotta dalla comandante Catia Pellegrino, è stata lasciata a “ombreggiare” il target: cioè seguirlo a distanza senza far percepire la propria presenza. Evitando anche di farsi trovare sulla rotta dei maltesi. “Non deve farsi vedere altrimenti tornano indietro”, dice Licciardi in una telefonata acquisita agli atti in cui dice alla Libra di allontanarsi dal barcone. Durante il processo l’ufficiale sosterrà che voleva evitare di intralciare le operazioni di una motovedetta partita da Malta.

Il procedimento ha origine dagli esposti presentati alla procura di Palermo da Jammo Mohanad, Wahid Hasan Yousef e Hashash Manal (tre dei sopravvissuti alla strage in cui hanno perso figli e mogli) e ai pm di Agrigento dal giornalista Fabrizio Gatti.