Palermo

Al processo Open Arms spunta il video di un sommergibile della Marina: acquisito il fascicolo

Per la difesa di Salvini la documentazione "fa emergere molte anomalie". Toninelli: “A decidere il divieto di ingresso fu Salvini”

Al processo Open Arms spunta il video di un sommergibile della Marina: acquisito il fascicolo
Ministero della Difesa
Il sommergibile Pietro Venuti della Marina Militare

C'era anche un sommergibile della Marina militare italiana in azione, nell'agosto 2019, che monitorava le attività nel mar Mediterraneo e che riprese anche un barcone carico di migranti partiti dalla Libia. 

È quanto emerge al processo in corso a Palermo a carico di Matteo Salvini, presente oggi nell'aula bunker dell'Ucciardone, per i fatti relativi all'agosto del 2019, quando era ministro dell'Interno, e la nave ong Open Arms con 147 migranti a bordo attese per oltre 15 giorni prima di potere attraccare in un porto sicuro. Il leader della Lega è imputato a Palermo per sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio.

Il materiale audio, fotografico e video, frutto di attività integrativa d'indagine della Procura di Palermo e relativo alle operazioni svolte dalla nave Open Arms durante il soccorso di un barcone carico di migranti, è stato acquisito al fascicolo del dibattimento su richiesta della difesa del ministro delle Infrastrutture.

Documenti fondamentali, secondo l'avvocata Giulia Bongiorno, che accenderebbero una nuova luce sulla vicenda e sulla condotta della Open Arms, visto che potrebbe risultare la presenza di scafisti. Si tratta di materiale che mai era stato messo agli atti e che perfino il Senato non aveva visionato quando fu chiamato a esprimersi sull'eventuale processo a carico di Salvini. L'attuale vicepremier e ministro si è detto "sconcertato".

Dopo una breve camera di consiglio il presidente della Corte, Roberto Murgia, ha ammesso il fascicolo, disponendo anche la deposizione come testi del capitano di corvetta Stefano Oliva, comandante del sottomarino "Venuti", e del capitano Andrea Pellegrino che sulla vicenda produsse una relazione di servizio.

L'avvocata Giulia Bongiorno, difensore di Salvini, sostiene che "questa attività non è mai stata a disposizione della difesa né fu portata a conoscenza di chi, all'epoca, doveva decidere sul rilascio del Pos (un porto sicuro ndr)". 

La difesa: dai documenti emergono “molte anomalie”

La documentazione emersa dai video e dagli audio fatti dal sommergibile “fa emergere molte anomalie”, ha detto Giulia Bongiorno intervenendo in aula. "Tutto questo materiale in cui viene fotografata la condotta di Open Arms non è mai stato visionato, non sfuggirà al Tribunale la rilevanza". "Al ministro Salvini viene contestato di non avere dato il Pos mentre la difesa dice che è stato fatto il legittimo divieto di transito. Finora si è detto che quelle anomalie non c'erano, invece questa documentazione fa emergere quelle anomalie".

Trenta: non sapevo della documentazione

"Non ero a conoscenza di questi documenti sull'attività di un sommergibile della Marina militare. Ma io non ero nella linea di decisione rispetto alla opportunità di emettere il secondo decreto". Così l'ex ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, parlando con i giornalisti dopo aver testimoniato nel processo Open Arms. "Un decreto di quel genere aveva bisogno di velocità - ha sottolineato - perché bisognava impedire a una nave di entrare: nel momento in cui il ministro dell'Interno Matteo Salvini avesse ritenuto che per motivi di sicurezza non fosse stato opportuno fare entrare una nave in porto, una verifica fatta da un altro ministro in un secondo momento avrebbe creato dei problemi. Quindi, non era proprio nelle mie competenze - ha ribadito - e comunque non ero a conoscenza di questa attività".

Toninelli: “A decidere il divieto di ingresso fu Salvini”

"A decidere il divieto di ingresso dell'Open Arms fu l'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Chiaramente va anche contestualizzata la situazione, nell'agosto 2019 il governo era già finito. Tra noi non vi fu alcuna interlocuzione". Così l'ex ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, durante la sua deposizione nel corso del processo Open Arms. 

"All'epoca della Open Arms non esisteva già più un governo, esisteva una persona, Salvini, che andava in giro, era in campagna elettorale e parlava alla pancia delle persone. Non si facevano più Consigli dei Ministri con ministri che operavano collegialmente. Siccome si sapeva che sarebbe stato sfiduciato il Governo, si stava cercando di monetizzare stressando l'argomento immigrazione che era molto sentito", ha aggiunto.

"Il Consiglio dei ministri dell'epoca non ha mai affrontato l'argomento sbarchi e ricollocamenti dei richiedenti asilo. Questo argomento non è mai stato all'ordine del giorno di alcun Consiglio dei ministri, a mia memoria. Non se ne è discusso a margine né ufficialmente. Quando la difesa ha affermato, in altre occasioni, che c'erano attese di ore perché il presidente del Consiglio (Giuseppe Conte, ndr) era riunito con Di Maio, Salvini e Toninelli per discutere di sbarchi e ricollocamenti, viene detta una cosa falsa".

Toninelli ha poi spiegato che non era "a conoscenza personalmente di rischi relativi alla sicurezza pubblica o sanitari legati all'eventuale sbarco dei migranti soccorsi dalla nave Open Arms, il rischio mi era stato prospettato dal ministro dell'interno". "Dopo che il Tar sospese il decreto che vietava l'ingresso della Open Arms in acque italiane, dal Viminale arrivò un secondo decreto che io non firmai, visto che il contesto non era mutato rispetto alla firma del primo decreto. Le cose anzi si stavano complicando perché nel frattempo erano passate due settimane. E inoltre era chiaro che un nuovo decreto, a condizioni immutate, sarebbe stato impugnato e di nuovo annullato. Che senso aveva replicare?", ha continuato il teste.

“Dalla nave arrivavano notizie che la situazione a bordo si andava complicando, era una situazione difficilissima ma non è che stavano morendo”, ha spiegato. "La Open Arms, però, era una imbarcazione da carico che poteva portare 15 persone e lì in quel momento ce ne erano molte di più".

"Da ministro condividevo che l'Europa dovesse essere più coinvolta nella gestione del fenomeno migratorio e dei ricollocamenti - ha spiegato - La linea politica era: 'combattiamo l'immigrazione clandestina cercando di far assumere le loro responsabilità agli altri paesi'. Il ruolo del mio ministero però si concludeva con l'invio della richiesta del porto sicuro che era di competenza del Viminale, cioè di Salvini".