A tre anni dalla Brexit - scattata alla mezzanotte del 31 gennaio 2020 - la delusione di gran parte dei cittadini del Regno Unito si fa sentire con sempre maggiore forza. Un anniversario, dunque, senza particolari eventi quello del divorzio a pieno titolo di Londra dall'Ue. Una separazione le cui conseguenze continuano a far discutere e recriminare: come conferma la delusione diffusa nel Paese per non aver mantenuto le promesse fatte in occasione di quel passo.
La delusione e il diffondersi tra gli elettori del "Bregret"
Secondo la media dei sondaggi che vengono condotti abitualmente, ormai il 57% degli elettori oggi voterebbe contro l'uscita dall'Unione Europea, mentre solo il 43% sarebbe favorevole a restarne fuori. Per definire questo cambio di atteggiamento, è stato coniato il termine 'Bregret' , neologismo creato dalla crasi fra Brexit e regret, ossia rimpianto.
Un sentimento che oggi appare maggioritario in tutti i collegi elettorali dell'isola tranne uno. Inclusi quelli più Brexiteer e storicamente più euroscettici, anche se questo non sembra tradursi, almeno per ora, in un auspicio di riadesione all'unione.
La delusione per i magri risultati portati in dono dall'uscita dalla Ue accomuna tutti gli strati della popolazione e coinvolge anche grandi nomi della finanza, fino a ieri convinti sostenitori della Brexit. Gran parte del declino della popolarità della Brexit è stato registrato proprio tra coloro che nel 2016 hanno votato per il divorzio. Anche tra le file dei conservatori, c'è chi boccia la Brexit su tutta la linea: è il caso di Guy Hands, esponente di rilievo della City, presidente e capo investimenti nella società di private equity Terra Firma ed ex donatore dei Tory, che in un'intervista alla Bbc ha denunciato "un completo disastro".
"La realtà è che è stata una situazione perdente per noi e per l'Europa - ha detto parlando con la Bbc -. L'Europa ha perso di più nei servizi finanziari ma ci abbiamo perso anche noi. E la realtà della Brexit era che si trattava solo di un mucchio di bugie complete e totali". Nelle scorse settimane si era espresso sull'argomento anche il sindaco di Londra, Sadiq Khan, che aveva denunciato il rifiuto del governo di ammettere "l'immenso danno" provocato dalla Brexit e aveva auspicato il ritorno a un maggiore allineamento con l'Europa.
Per Sunak, in questi tre anni sono stati fatti passi enormi
Tre anni dopo il divorzio dall'Ue, il premier britannico Rishi Sunak, nonostante il crescente malcontento emerso dai sondaggi, ha celebrato i progressi fatti dal Regno Unito.
"Nei tre anni trascorsi dall'uscita dall'Ue, abbiamo fatto passi da gigante nello sfruttare le libertà sbloccate dalla Brexit per affrontare le sfide generazionali", ha affermato il capo di Downing Street, citando "la campagna vaccinale" contro il Covid, "gli accordi commerciali con oltre 70 Paesi" e la "ripresa del controllo dei confini". Uno slancio che "non è rallentato" durante i primi 100 giorni del suo governo, ha proseguito Sunak, assicurando che "questo è solo l'inizio".

"Sono determinato a garantire che i vantaggi della Brexit continuino a potenziare le comunità e le imprese in tutto il Paese", ha detto in controtendenza con il sentimento prevalente nella popolazione.
Ad alimentare il diffuso malcontento nel contesto nazionale i vari scossoni del dopo Brexit: le barriere commerciali, l'effetto della fine della libertà di movimento sulla disponibilità di manodopera europea, cruciale in diversi settori, che minacciano di rendere lo scenario più grave che altrove: come testimoniano gli ultimi dati del FMI (Fondo Monetario Internazionale) che indicano come il Regno Unito potrebbe essere l'unico paese del G7 a cadere in recessione nel 2023.