La negazione dello sport

L'antisemitismo nelle curve italiane, una piaga ancora infetta

L'odio contro gli ebrei propagato dagli spalti. Per non dimenticare l'abominio rappresentato da cori, striscioni, immagini, iniziative di boicottaggio "messi in campo" da frange delle nostre tifoserie. Ieri come oggi

L'antisemitismo nelle curve italiane, una piaga ancora infetta
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Hitler con la maglia della AS Roma

I cori, gli striscioni, le “figurine”, come accadde sei anni fa con l’iniziativa-oltraggio ad Anna Frank e oggi, con Hitler ritratto a tinte giallorosse. La piaga degli stadi italiani - oltre alle violenze estemporanee o pianificate, perpetrate da criminali del tutto impropriamente definiti “tifosi” – continua ad essere il razzismo, non di rado con una declinazione specifica: l’antisemitismo. 

Anche nella settimana del Giorno della Memoria, dedicata a commemorare le vittime della Shoah, si registrano episodi che legano ancora una volta il calcio italiano ad espressioni di odio antiebraico; un flagello che nel mondo del pallone sembra essere contrastato con poche azioni concrete rispetto a quanto è accaduto all’estero.

Gli ultimi episodi 

In alcuni quartieri della Capitale – da Trieste al Tufello, da Montesacro a Talenti – sono apparsi adesivi che ritraggono Hitler in versione calciatore della Roma. Proprio alla vigilia del Giorno della Memoria. 

"E’ una vera infamia – la risposta del primo cittadino, Roberto Gualtieri -. Gli adesivi rappresentano uno sfregio inaccettabile. Ci siamo attivati per la loro immediata rimozione. Vergogna per gli autori". 

Una notizia che richiama – anche in quel caso furono stampati adesivi – quella dell’ottobre 2017 quando alcuni “tifosi” della Lazio attaccarono in Curva Sud, durante la sfida casalinga dei biancocelesti contro il Cagliari, sticker che mostravano Anna Frank con la maglia della Roma.   

Dalle immagini ai cori. L’episodio chiama in causa di nuovo frange del “tifo” laziale. Il 19 gennaio scorso infatti, all’Olimpico, durante la partita di Coppa Italia Lazio-Bologna, dopo il decimo minuto alcuni supporter hanno intonato “In Sinagoga vai a pregare/ ti farò sempre scappare…”. Destinatari, i rivali romanisti. 

“Fa davvero riflettere – la condanna di Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica romana - che mentre ci prepariamo al Giorno della Memoria, si debbano ascoltare cori come quello. Si tratta di puro e inaccettabile antisemitismo. E gli stadi - ha concluso Dureghello - non possono essere zone franche della società italiana dove l’antisemitismo viene sdoganato e legittimato”. 

Antisemitismo radicato nelle curve

Riavvolgendo il nastro, rievocando episodi in maniera non esaustiva, il 4 settembre dello scorso anno finirono sulla black list, a poche ore di distanza, due gruppi di “tifosi”.    

Alcuni supporter della Juventus rivolsero infatti un coro contro gli avversari della Fiorentina: “Loro non sono italiani, sono una massa di ebrei”. E durante il derby di Milano, alcuni sostenitori dell’Inter cantarono “I campioni dell’Italia sono ebrei”.

Nel maggio 2021, a Roma, sul cavalcavia di Corso Francia , comparve uno striscione antisemita rivolto a José Mourinho, in arrivo nella Capitale per guidare i giallorossi: "Yesterday Spurs, today AS Roma, tomorrow Maccabi". Riferimenti al Tottenham, squadra di Londra a cui è legata la comunità ebraica, e alla compagine di Tel Aviv. 

A gennaio 2019 alcuni “tifosi” della Roma affissero nella Capitale manifesti che recitavano “Lazio, Napoli, Israele. Stessi colori, stesse bandiere. M…”. Un'ulteriore dimostrazione - accusò Dureghello - che razzismo e antisemitismo nel calcio non hanno colore, e che serve una soluzione definitiva per debellare il problema". 

Un percorso a ritroso che arriva allo striscione esposto, nel novembre 1998, nella curva della Lazio durante il derby: "Auschwitz la vostra patria, i forni le vostre case". 

Il cedimento all’abominio 

Nel 1989 l’Udinese non perfezionò l’acquisto dell’attaccante israeliano Ronny Rosenthal dopo che venne accolto, in occasione delle visite mediche, da scritte antisemite sui muri della sede del club. Gli autori furono gli “Hooligans Teddy Boys”, all’epoca il principale gruppo ultras della curva bianconera.    

Ronny Rosenthal GettyImages
Ronny Rosenthal

Le misure dei club all’estero

Troppe le parole, talvolta peraltro vaghe, che hanno condito le condanne dei club italiani. Troppo pochi gli atti tangibili, possibilmente draconiani come accaduto in più casi oltreconfine.

Nell’aprile di due anni fa – solo per citare gli ultimi esempi - il Chelsea individuò un “tifoso” reo di messaggi antisemiti diffusi online (quindi neanche in uno stadio), e lo bandì dal club per dieci anni. 

Lo scorso ottobre, l’Union Berlino ha identificato un “supporter” che aveva rivolto insulti antisemiti a sostenitori del Maccabi Haifa, e lo ha espulso a vita dal club. 

Misure inappellabili per colpire alla radice la “malapianta” dell’ignoranza. Che genera volontà di sopraffazione, violenza, cancellazione dei principi cardine dello sport.