E' stata rinviata al 22 febbraio prossimo l'udienza del processo di appello bis per l'omicidio di Pamela Mastropietro. L'imputato Innocent Oseghale, già condannato per aver ucciso, il 30 gennaio 2018, la diciottenne e aver smembrato il suo corpo, deve rispondere di violenza sessuale per la quale la Cassazione ha rimandato gli atti a Perugia.
In aula presente Alessandra Verni, la mamma di Pamela, con indosso una maglietta su cui compaiono le immagini choc di parte del cadavere della figlia, uccisa a Macerata e poi fatta a pezzi. "Guardate come l'hanno ridotta, ancora discutiamo sulla violenza sessuale", ha dichiarato ai giornalisti mostrando la foto sulla t-shirt.

Assenti, invece, i teste ammessi nella scorsa udienza. Uno di loro, ha manifestato il suo impedimento per motivi di salute, il secondo, invece, non si è presentato ed è risultato irreperibile. Nei suoi confronti la Corte ha disposto l'accompagnamento coattivo e una sanzione pecuniaria di 250 euro. Presente in aula, a domanda del presidente della Corte, Oseghale ha detto che non assisterà alla prossima udienza.
In tribunale anche attimi di tensione quando, uscendo dall'aula, Oseghale, scortato dagli agenti della penitenziaria, è passato vicino ai genitori di Pamela e ai suoi amici. Ne è nato un acceso diverbio. Mentre i parenti inveivano, l'imputato si è rivolto alla madre della giovane pronunciando parole non comprensibili. A quel punto la mamma di Pamela ha reagito cercando di scagliarsi verso di lui: "dimmi... dimmi che vuoi" le sue parole. Si sono però interposti sia la polizia penitenziaria sia i carabinieri in aula e i due sono stati subito allontanati.
Fuori dal palazzo di giustizia di Perugia la donna ha poi urlato: "Mi aspetto giustizia da questo processo, quello che chiedo da cinque anni, giustizia. Ergastolo a vita per chi fa queste cose, Oseghale e tutti i suoi complici devono pagare. "Pamela è stata violentata, è stata uccisa, è stata bastonata in testa, è stata torturata, è stata fatta a pezzi" ha detto la donna, mentre teneva in mano le fotografie del corpo della figlia. "Mi aspetto che adesso - ha aggiunto - lo Stato, la giustizia, le Procure facciano il loro dovere perché non si può permettere che dei carnefici girino a piede libero in una città, in Italia, perché nel nostro Paese questo non può essere accettato".
Fuori dal tribunale le amiche e i familiari della ragazza hanno esposto striscioni in ricordo di Pamela: "Dopo cinque anni stiamo ancora aspettando giustizia. La bestialità non deve diventare normalità.