Iran nella nebbia

Morta una delle studentesse "avvelenate" a Qom: è deriva talebana? Teheran sempre più in difficoltà

Il vice ministro della Salute: "C'è chi vuole le donne fuori dall'istruzione". Teheran è nel mirino della comunità internazionale per la repressione della protesta, ma anche per il suo programma nucleare e per la vendita di armi a Mosca

Morta una delle studentesse "avvelenate" a Qom: è deriva talebana? Teheran sempre più in difficoltà
Twitter #FatemehRezaei
Una immagine stilizzata delle studentesse avvelenate (Twitter)

Secondo notizie che arrivano dai social una delle studentesse di Qom “avvelenate” da sostanze chimiche, non ancora certificate, sarebbe morta.

Il suo nome, Fatemeh Rezaei, appare su centinaia di hashtag su Twitter. La famiglia dell'allieva 11enne, della scuola religiosa più prestigiosa della Repubblica islamica, sarebbe stata minacciata di non divulgare la notizia, poi rilanciata dagli amici della vittima. 

Negli ultimi mesi una serie di attacchi chimici ha interessato le studentesse iraniane che avevano denunciato strani odori nelle scuole a seguito dei quali si sono ammalate. Il primo incidente risale a novembre scorso, quando 18 allieve della città di Qom - la città simbolo dello sciismo radicale tra cui spiccherebbe un gruppo chiamato “Millenium”- furono ricoverate in ospedale dopo aver avvertito sintomi di nausea, mal di testa, tosse, dolori e intorpidimento a braccia e gambe. Da allora è successo altre volte anche in altre città, come a Borujerd, creando rabbia e sgomento nella popolazione che teme una vendetta del regime sulle sue studentesse.

 

Le autorità sanitarie non hanno individuato la presenza di alcun batterio o virus nel sangue delle pazienti, mentre secondo il ministero della sanità gli attacchi sono stati deliberatamente lanciati da qualcuno intenzionato a chiudere le scuole per le ragazze. Fatto che alcuni paragonano al divieto talebano all'istruzione per le donne in atto nel vicino Afghanistan. E ancora gli avvelenamenti sono ritenuti una ritorsione alla ribellione mostrata da alcune studentesse verso l'hijab obbligatorio e verso la guida suprema Ali Khamenei dopo la morte di Masha Amini.

Intanto non si fermano le proteste antigovernative e continua la repressione in Iran. Un manifestante baluci è morto mentre si trovava sotto la custodia della polizia del 12 distretto di Zahedan. A denunciarlo è la Ong iraniana con sede a Oslo, Iran Human Rights, che chiede alla missione delle Nazioni Unite di indagare su questo caso "e sugli altri crimini commessi" dalle forze dell'ordine contro i manifestanti. 

Ebrahim Rigi, 24 anni, era stato arrestato una prima volta il 13 ottobre per aver soccorso i feriti durante la repressione di Zahedan, nel cosiddetto "bloody friday". Rilasciato su cauzione lo scorso 1 gennaio, dopo il ritiro della richiesta di pena di morte, il 22 febbraio è stato nuovamente arrestato, "arbitrariamente" secondo l'Ong, e portato alla stazione di polizia: qui avrebbe subito un pestaggio che ne ha provocato il decesso, ma secondo le autorità, Rigi è morto "senza la presenza della polizia". 

Un amico attivista di Rigi ha dichiarato che il suo "corpo è stato consegnato alla famiglia con evidenti segni di tortura attirbuiti alla stazione di polizia del 12 distretto". La famiglia ha chiesto un'autopsia.  

Oltre alla protesta antigovernativa, Teheran è nel mirino della comunità internazionale per il suo programma nucleare e per la presunta vendita di droni Sahed a Mosca. Secondo la Cia il programma atomico iraniano sta avanzando a un "ritmo preoccupante". Ai media americani il capo dell'agenzia di intelligence Usa, William Burns, ha definito pericolosa "l'escalation nella cooperazione militare" tra Mosca e Teheran. "Bastano solo poche settimane per arrivare ad arricchire l'uranio al 90% e oltre", ovvero al livello di arma atomica. Secondo il Wall Street Journal il capo dell'Aiea Rafael Grossi sarà presto a Teheran, che smentisce l'arricchimento per fini militari.

Così come smentisce le affermazioni secondo cui droni iraniani sono stati utilizzati dalla Russia nella guerra contro l'Ucraina. “L'Iran preferisce la pace e si oppone alla guerra” ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian. "Alcuni Paesi occidentali sollevano soltanto accuse senza presentare prove, ha aggiunto Amirabdollahian sottolineando che "l'Occidente deve porre fine a questo gioco inutile".