Il discorso dopo giorni e giorni di proteste

Benjamin Netanyahu "congela" la riforma della giustizia in nome "della responsabilità nazionale"

L'accordo con l'estrema destra per il rinvio sarebbe basato sulla creazione di una Guardia Nazionale a capo della quale sarà Ben-Gvir

Benjamin Netanyahu "congela" la riforma della giustizia in nome "della responsabilità nazionale"
(ApPhoto)
Gerusalemme, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu

Dodici sabati di proteste. Migliaia e migliaia di persone scese in piazza. Scioperi, il capo della polizia di Tel Aviv che manifesta insieme ai cittadini. Ambasciate all’estero chiuse, voli aerei sospesi. Scuole ed università ferme. Israele nel caos

E alla fine, dopo una giornata di trattative soprattutto con il partito di estrema destra di Ben-Gvir, Netanyahu annuncia, parlando alla nazione, che la contestata riforma della giustizia sarà rinviata.

L’accordo sarebbe stato raggiunto con la promessa che il governo approverà nella sua prossima riunione la creazione di una “Guardia Nazionale” che agirà proprio sotto il controllo di Ben-Gvir.

Il premier, in un discorso conciliante ma anche duro, ha giustificato la decisione in "nome della responsabilità nazionale", ma ha ribadito che "la riforma va fatta". Dopo aver ricordato l'episodio biblico delle due mamme che rivendicano davanti Re Salomone il figlio e la scelta di una di loro che non vuole farea pezzi il piccolo, Netanyahu ha detto che "non vuole fare a pezzi il popolo".

"Ho fatto appello al dialogo e ricordo che non ci troviamo di fronte a nemici ma a fratelli. Non ci deve essere guerra civile". Quindi ha attaccato "una minoranza di estremisti pronta a lacerare il Paese, che usa violenza, appicca il fuoco, fomenta la guerra civile e fa appello alla disobbedienza".   

"Israele - ha sottolineato Netanyahu - non può esistere senza esercito, la disobbedienza è la fine del nostro Stato. Esigo dai capi dell'esercito di opporsi a questa e non mostrare comprensione, va fermata".   

"Ieri ho letto la lettera di Benny Gantz che si impegna in un dialogo e lo faccio anch'io. C'è la possibilità di prendere tempo. Do l'occasione per un dialogo, vogliamo fare gli aggiustamenti necessari".

Il capo dello Stato, Isaac Herzog, subito dopo l’annuncio ha dichiarato che: "La posticipazione della riforma è la cosa giusta. Questo è il momento di avviare un dialogo serio e responsabile che riporti con urgenza la calma ed abbassi le fiamme. Per la nostra unità nazionale e per il futuro dei nostri figli, dobbiamo intraprendere un dialogo subito e mettere a punto intese le più ampie possibili. Solo così potremo far uscire Israele dalla crisi"

Intanto i principali sindacati israeliani hanno deciso di sospendere lo sciopero generale previsto per domani nello Stato ebraico. Lo ha annunciato Arnon Bar David, il leader del più grande sindacato israeliano, l'Histadrut, dopo che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato la sua decisione di rinviare la riforma della giustizia.

La Casa Bianca: “Accogliamo con favore questo rinvio”

La decisione è stata accolta con sollievo dalla Casa Bianca. Appena dieci giorni fa, nel corso di una telefonata con Netanyahu, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva manifestato la sua preoccupazione riguardo le tensioni in Israele, uno "stato di ansia interna che non si vedeva da tempo", come aveva riferito una fonte della Casa Bianca ai media. La telefonata che Biden ha fatto è stata una novità assoluta ma lui e Netanayahu sono amici da più di quarant'anni. La prima volta che si erano conosciuti, Biden era entrato da poco al Senato e aveva partecipato a un incontro con l'allora primo ministro Golda Meir. Netanyahu aveva cominciato la sua carriera diplomatica. Biden nel 2014, a sancire la loro amicizia, aveva detto una frase rimasta storica: "Bibi, non c’è una dannata cosa in cui sono d'accordo con te, ma ti voglio bene".

Negli ultimi quattro anni, però, i due si sono allontanati: al leader israeliano passato dal centro all’estrema destra, non è piaciuta la volontà del presidente americano di raggiungere a tutti i costi un accordo con l'Iran sul nucleare, e non ha gradito la decisione di confermare i consiglieri dell'amministrazione Obama che erano stati i più accaniti sostenitori dell'intesa. Il premier israeliano è stato anche un sostenitore di Trump e ne ha celebrato la politica estera adottata in Medio Oriente. Trump è stato il presidente che ha riconosciuto la sovranità di Israele nelle Alture del Golan e ha dichiarato le Guardie rivoluzionarie dell'Iran "organizzazione terroristica". L'aperto sostegno di Trump aveva spinto Israele a schierarsi sempre più con il Partito repubblicano, al punto che quando Netanyahu si era unito a Trump alla Casa Bianca per la ratifica degli Accordi di Abramo, insieme con i ministri degli Esteri degli Emirati e del Barhein, non aveva voluto incontrare nessun rappresentante democratico. 

Ma tutto è cambiato con le manifestazioni e le tensioni delle ultime settimane e questo ha portato a “contatti” più stretti con l’amministrazione a stelle e strisce.

Biden ha sempre visto Israele come terra di democrazia in una regione che non ne ha e la svolta autoritaria lo ha preoccupato, come ha riferito il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby. La riforma che indebolisce i giudici ha alimentato una tensione che potrebbe avere ricadute su tutta l'area e sugli stessi Stati Uniti. A Washington il presidente americano ha dovuto registrare la contrarierà delle organizzazioni di ebrei americani, che avevano preso le distanze dal ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, che si era augurato di "spazzare via" la popolazione palestinese dai Territori. In una lettera aperta 145 leader ebrei d'America avevano condannato i messaggi omofobi, razzisti e pieni d'odio del rappresentante del governo. Pressioni sono state fatte anche sullo staff di Biden perché venisse affrontata la questione. 

Nella telefonata di due domeniche fa Biden ha chiesto a Netanyahu di raggiungere un compromesso.