La gestione della pandemia

Covid a Bergamo, la Procura punta il dito sugli indagati: "Molte vite potevano essere salvate"

Una ventina i coinvolti nell'inchiesta. Tra questi l'ex premier Conte, l'ex ministro Speranza, il governatore della Lombardia, Fontana, l'ex assessore Gallera, il presidente dell'Iss Brusaferro e il presidente del Consiglio di Sanità Locatelli

Covid a Bergamo, la Procura punta il dito sugli indagati: "Molte vite potevano essere salvate"
(LaPresse)
Nuovo Denuncia Day presso la Procura di Bergamo per presentare oltre 100 denunce per le morti da covid

Il giorno successivo alla chiusura dell'inchiesta per epidemia colposa da parte della Procura di Bergamo, la lista degli indagati si allunga e il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani lancia il suo affondo. 

"C'è stata -ha spiegato ai microfoni di Radio24- una insufficiente valutazione del rischio pandemico" e, sul fronte della mancata 'zona rossa' nel Val Seriana, ha precisato che l'indagine vuole dare una "risposta certa" su chi avesse la competenza di chiudere. Dal punto di vista giuridico, ha proseguito, c'era un decreto del 23 febbraio 2020 che richiamava la legislazione sanitaria precedente per cui, nel caso di urgenza, c'era la possibilità sia a livello regionale sia anche a livello locale di fare atti contingibili e urgenti in termine tecnico, cioè di chiudere determinate zone".

Intanto, nell'avviso di chiusura delle indagini, la Procura di Bergamo scrive che l'ex premier Giuseppe Conte e l'allora ministro della Salute Roberto Speranza, assieme ad altri indagati, tra cui il Governatore lombardo Attilio Fontana, hanno "cagionato per colpa la morte" di una cinquantina di persone. Con la “zona rossa”, scrivono i Pm di Bergamo nell'atto, si sarebbero evitati inoltre migliaia di contagi.

I reati contestati, a seconda delle posizioni, dalla Procura di Bergamo alle 19 persone a cui è stato notificato l'atto di chiusura delle indagini sono: epidemia colposa, omicidio colposo, rifiuti di atti d'ufficio, lesioni colpose e falso. I Pm hanno individuato 87 persone offese.

L'accusa di epidemia colposa riguarda, tra gli altri, Angelo Borrelli, ex capo del Dipartimento della Protezione Civile, Silvio Brusaferro quale direttore dell'Istituto Superiore della Sanità, Luigi Cajazzo, all'epoca dei fatti Direttore generale della Sanità della regione Lombardia e Giulio Gallera, ex assessore regionale al Welfare. Gli indagati "in cooperazione tra loro, con Roberto Speranza, nelle rispettive qualità" hanno omesso l'attuazione del Piano Nazionale di Preparazione e risposta per una pandemia influenzale del 9 febbraio del 2006 nonostante una serie di documenti tra cui "una raccomandazione dell'Oms del 5 gennaio del 2020, recepita con circolare n. 445 del 9 gennaio 2020 dal Ministero della Salute", "l'allerta di Oms e Paho (Pan American Health Organization) del 20 gennaio 2020 in cui si confermava la trasmissione del virus da persona a persona".

Sull'esito dell'inchiesta abbiamo ascoltato il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato che ha rimarcato la mancanza di un piano pandemico e l'esigenza di verità: “Lo si deve ai tanti morti e alle loro famiglie”, ha detto ai microfoni di Rainews.it.

Tra gli ultimi a essere iscritto nel registro degli indagati, in ordine di tempo, c'è l'ex direttore vicario dell'Oms Ranieri Guerra. L'accusa per lui è di “false informazioni ai Pm” in relazione alle dichiarazioni rese ai magistrati. L'ex premier Giuseppe Conte, appreso di essere tra gli indagati, ha dichiarato: “Sono tranquillo, massima collaborazione”.

Anche Speranza, in una nota, ha detto di essere "molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina e onore nell'esclusivo interesse del Paese". 

La presa di distanza di Fontana

Di tono completamente diverso la reazione di Attilio Fontana. Il governatore della Regione Lombardia ha definito "vergognoso" il fatto che "una persona, sentita a inizio indagine come persona a conoscenza dei fatti, scopra dai giornali di essere stato trasformato in indagato". 

Fontana è intervenuto ai microfoni di Radio Anch'io prendendo le distanze dalle responsabilità: "Quando si tratta di emergenza pandemica - ha affermato - la competenza è esclusiva dello Stato secondo la Costituzione, non secondo me. E poi se avessi emesso l'ordinanza per la zona rossa nel Bergamasco con chi l'avrei fatta eseguire? Non ho a disposizione né l'esercito né i carabinieri". 

"La ministra Lamorgese - ha proseguito Fontana parlando della prima ondata dell'epidemia -emise un provvedimento che diceva guai a voi se volete sovrapporvi con iniziative sulle cosiddette zone rosse perché è competenza dello Stato. Allora il ministro Boccia disse una frase famosa: in questi casi lo Stato non interviene, lo Stato comanda. Non penso di poter prendere provvedimenti in contrasto con il Governo e quindi con l'Istituto superiore di Sanità". 

Attilio Fontana candidato alle elezioni regionali per la Lombardia ANSA/MATTEO CORNER
Attilio Fontana candidato alle elezioni regionali per la Lombardia

“Volevo la zona rossa” si smarca l'ex direttore generale Welfare della Regione Lombardia, Luigi  Cajazzo, fra i primi - a ottobre 2020 - a essere iscritto nel registro degli indagati a Bergamo. Quando a gennaio 2022 è stato sentito dai pm, avrebbe detto che lui la zona rossa per Alzano e Nembro la voleva, come conferma oggi  all'agenzia di stampa Adnkronos. Riguardo all'inchiesta, aggiunge, "non ho altro da dire perché  non conosco gli atti. Appena avrò notizie mi renderò conto. Non ho ricevuto notifiche né comunicazioni né nulla".        

Nelle varie ricostruzioni ora il  suo nome torna alla ribalta delle cronache, accanto a quello dell'ex  assessore al Welfare Giulio Gallera, che ieri in una nota si è detto "sereno" e intenzionato a "garantire" sempre "la massima  collaborazione alla magistratura", pur ricordando che in Lombardia si  è "affrontato il Covid a mani nude" in quei giorni, mettendo in campo "le decisioni più opportune" nella circostanza in cui ci si trovava.

Covid Bergamo, 2020 Ansa
Covid Bergamo, 2020

Una replica è giunta anche dall'Iss. "Non è nei poteri del Presidente dell'Istituto adottare piani pandemici o dar seguito alla loro esecuzione" si legge in una nota relativamente "a quanto si apprende da organi di stampa secondo cui il Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, avrebbe impedito l'adozione del piano pandemico". "La linea seguita dall'Istituto, su indicazione del suo Presidente, durante tutto il periodo della pandemia e sin dagli inizi, è stata improntata alla massima precauzione e al massimo rigore scientifico", spiega la nota.

Un invito a non strumentalizzare l'inchiesta di Bergamo per “riaccendere tifoserie” arriva dal virologo dell'Università Statale di Milano Luigi Pregliasco

"In questo momento, con tutte le  divisioni che ci sono, anche di tipo politico, questa comunicazione  enfatizzata" sugli indagati dalla Procura di Bergamo a chiusura dell'inchiesta sulla gestione iniziale della pandemia di Covid-19 "può accendere di nuovo tifoserie" e diventare "una rincorsa a puntare il  dito contro chi eventualmente ha sbagliato". Invece "io credo che sia  opportuno sfruttare questo grosso lavoro fatto, di raccolta di  informazioni da fonti diverse, che solo la magistratura ha la possibilità di collezionare, perché una valutazione di parti terze  aiuti a capire innanzitutto cos'è successo, in modo da utilizzare ciò  che emerge in termini propositivi per il futuro, in vista di nuovi  rischi epidemici".

"La situazione in cui ci siamo trovati noi" in Lombardia, nelle prime  tragiche settimane dello 'tsunami' Covid, "era veramente oltre  misura", testimonia il medico. "Nel mio piccolo - ricorda - sono stato parte di questa attività, della difficoltà di prendere delle decisioni in quei momenti. Perché 'chi fa sbaglia' e, come sempre, a posteriori  è facile dire che si sarebbe potuto o dovuto agire altrimenti, che  sarebbe stato meglio fare cose diverse rispetto a quelle che hanno  portato a eventi tristi". 

 

personale medico indossa dispositivo di protezione nell'Unità di Terapia Intensiva (UTI) per il nuovo coronavirus, casi COVID-19, nell'Ospedale "Papa Giovanni XXIII" di Bergamo, il 3 novembre 2020 (Ansa)
personale medico indossa dispositivo di protezione nell'Unità di Terapia Intensiva (UTI) per il nuovo coronavirus, casi COVID-19, nell'Ospedale "Papa Giovanni XXIII" di Bergamo, il 3 novembre 2020

Dopo tre anni e migliaia di croci, a far sentire la loro voce sono anche i parenti delle vittime che si sono raccolti in un presidio per ringraziare "il coraggio" dei magistrati che hanno condotto l'inchiesta.

"Quando ho saputo che la procura di  Bergamo ha chiuso le indagini ho pianto. Sono tre anni che lottiamo, che cerchiamo di avere verità, non vendetta. Papà ha tutto il diritto  di avere la dignità che gli è stata tolta", dice Cassandra  Locati, figlia di una vittima del Covid, che ha perso il padre nel  marzo 2020, ricoverato e morto da solo in un ospedale a Bergamo. La  donna si scaglia contro l'"omertà delle istituzioni, in primis di  Regione Lombardia. "Ci hanno chiamato sciacalli del Covid, ma la verità è che non hanno fatto tutto quello che potevano fare. Da nessuno sono  arrivate le scuse, e invece le scuse servono" conclude.        

"Con la chiusura dell'indagine della procura di Bergamo è arrivato il primo tassello, fino a due giorni fa  eravamo ignorati. Noi cerchiamo giustizia, non vendetta. La giornata  di oggi è importante per ridare dignità ai nostri cari e perché non accada più" afferma Salvatore Mazzola che, durante la pandemia, ha  perso il padre. "Ci hanno raccontato la storia che era uno tsunami, ma uno tsunami non era" conclude.