L'analisi

La sfida di Schlein? Esercitare la leadership. Come Meloni. Intervista a Fabio Martini

"Dal punto di vista della tecnica congressuale Bonaccini ha commesso un errore capitale: dopo aver vinto tra gli iscritti, si è “dimenticato” di spingere verso i Gazebo l’elettore “riflessivo”, facendogli capire quale fosse la vera posta in gioco"

La sfida di Schlein? Esercitare la leadership. Come Meloni. Intervista a Fabio Martini
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Elly Schlein

Eletta alla guida del Pd con l’appoggio decisivo di gran parte della nomenclatura, la nuova segreteria paradossalmente può avere un modello nella sua antagonista, la presidente del Consiglio . Ne parliamo con Fabio Martini, inviato e cronista parlamentare del quotidiano “La Stampa”. 

Le Primarie del Pd indubbiamente segnano una svolta non solo per quel partito ma anche, in una certa misura, per la politica italiana. Una delle svolte, per esempio, è il fatto di avere due donne leader che si contrappongono (Schlein e Meloni), uno scenario impensabile fino a qualche mese fa. Gli esiti li vedremo ma intanto questo aspetto va registrato. È così?

“In questi giorni prevale un compiacimento, talora retorico, per questa doppia leadership al femminile. Possiamo dirci che in questo caso qualche eccesso è perdonabile e va persino incoraggiato? La novità è grande. Due donne leader - una al governo e una alla testa del principale partito di opposizione – confluiscono in un doppio evento simbolico davvero molto significativo. Perché si dimostra che finalmente anche in Italia certi traguardi sono raggiungibili per una donna. Ma anche per una ragione sottovalutata nelle analisi: il loro posto al sole entrambe se lo sono conquistato. Non se lo sono visto assegnare in quota”.

Veniamo ad alcuni aspetti politici. Parliamo di Bonaccini. Lui era il favorito, vincitore delle votazioni tra gli iscritti, esce sconfitto invece alle Primarie aperte agĺi elettori. Secondo te quali sono stati gĺì errori di Bonaccini?

“Bonaccini, ottimo presidente della Regione Emilia-Romagna, era e resta il miglior quadro della sinistra di governo in Italia. Ma dal punto di vista della tecnica congressuale ha commesso un errore capitale: dopo aver vinto tra gli iscritti, Bonaccini si è “dimenticato” di spingere verso i Gazebo l’elettore “riflessivo”, facendogli capire quale fosse la vera posta in gioco. Ma la sconfitta di Bonaccini è dovuta soprattutto ad un originalissimo cambio delle regole delle Primarie, che sinora non è stato analizzato…”.

In che senso?

Cosa erano state le Primarie sino ad oggi? Allargare la scelta dei leader ad un elettorato più largo di quello dei tesserati, ma fondandosi su un rischio calcolato: neutralizzare il possibile inquinamento da parte di elettori esterni, riservando la contesa sfidanti molto “interni”, notoriamente del Pd. E invece Enrico Letta e Pierluigi Bersani, certamente due gentiluomini della politica italiana, pur di favorire Schlein, hanno fatto modificato – col consenso di tutti ma in corsa - lo Statuto del Pd. Introducendo alcune anomalie nell’ elettorato passivo e attivo. E’ diventata eleggibile segretaria del Pd una personalità, Elly Schlein, che ancora 10 settimane fa non era iscritta al partito. Una candidatura che si è resa disponibile per migliaia e migliaia di persone che non condividono poco o nulla del Pd. Di qui il clamoroso corto circuito, mai verificatosi prima: mentre il 65% degli iscritti Dem non aveva votato per Schlein, il 54% del popolo delle Primarie l’ha eletta segreteria, Un fenomeno confermato dall’analisi dei flussi: quasi metà degli elettori delle Primarie, alle Politiche non aveva votato per Pd. Un’ enormità destinata ad avere conseguenze sulla linea del partito”. 

Al di là della novità di genere, secondo te, quale è stata la carta vincente (forse ce ne è più di una) dì Elly Schlein?

“Con quella platea elettorale, così allargata, decisivo è stato apparire, ed essere, una novità. Schlein era “il nuovo” fatto persona. Ma con quell’elettorato è stato decisivo anche interpretare una linea politica di sinistra radicale. Due ruoli interpretati con grinta, credibilità e passione. Su un elettorato stanco e ipersensibile al nuovo, questo mix è risultato decisivo”.

Il vero congresso comincia ora per il Pd. La linea politica radicale va calata nella realtà. E questo non è facile. Quale sarà l'elemento guida dell'operato della Schlein?

“Se sarà coerente dovrà essere radicale. Nel rinnovamento dentro il partito e nella linea politica. Il primo atto è chiaro: Schlein ha chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno per delle dichiarazioni, certo controverse e non per degli atti politici o per una mancanza istituzionale. Sembra una differenza di lana caprina ma non lo è: preannuncia radicalità. Nel partito la vera cartina di tornasole non saranno gli incarichi in Segreteria, un “luogo” che conta solo per i giornali. Per capire la carica innovatrice peseranno le scelte per i capigruppo parlamentari, la composizione della Direzione, la presidenza del partito. Su linea politica e rinnovamento interno la vera incognita della leadership Schlein: il suo possibile punto debole”.

Qual è il suo punto debole?

“Il condizionamento che eserciteranno i notabili che l’hanno trascinata alla guida del partito. Ben cinque ex segretari: Letta, Bersani, Franceschini, Zingaretti, Speranza. Tre ex ministri (su quattro), tre capi-corrente. Tanta roba. Loro, chi per convinzione e chi per opportunità, hanno puntato su Schlein, quasi tutti facendo il calcolo del Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. E dunque, una volta fabbricato con grande abilità il carro vincente, i “grandi elettori” diventeranno i difensori dello statu quo. Dentro il partito ma anche su alcuni aspetti della linea politica. Per essere coerente con sé stessa e con la sua linea, Schlein ha davanti a sé una via in apparenza paradossale, ma non troppo…”.

Quale?

“Ripetere il modello di un personaggio per lei agli antipodi: Giorgia Meloni! La leader di Fratelli d’Italia, una volta vinte largamente le elezioni, non si è seduta sugli allori. Nella formazione del governo. Nella costruzione del bilancio dello Stato. Nella puntigliosa difesa della causa ucraina, Meloni ha fatto una cosa per nulla scontata: ha esercitato la leadership. E lo ha fatto con notevole piglio. Ne sarà capace Elly Schlein? La sua sfida paradossale si potrebbe riassumere in questo: esercitare la leadership, anche a dispetto dei suoi “grandi4 elettori”. Come ha fatto la sua avversaria Giorgia Meloni”.

Non sarà facile mantenere l'unità del partito. Fioroni, ex popolare, è uscito. Pensi che altri lo seguiranno? Quanto è alto il rischio di nuove scissioni?

“A breve non si muove nessuno, a differenza di quanto si legge sui giornali. I gruppi dirigenti, locali e nazionali che hanno perso il congresso, staranno a guardare: Schlein godrà di un periodo di “prova”. Potrebbe iniziare la scissione degli elettori? Fra un mese si vota in Friuli e si faranno i primi conti”.

Chi deve temere di più Conte o Calenda?

“Anche in questo caso dobbiamo liberarci dei luoghi comuni. Tra Pd e Cinque stelle nessun avvicinamento: presto si aprirà una competizione assai agguerrita per il primato della “purezza”. Dal punto di vista teorico il Terzo polo potrebbe intercettare elettori in uscita dal Pd. Ma Renzi e Calenda, così “pugnaci” verso i Dem, hanno quasi azzerato la loro attrattività. Tutto ciò premesso, se Elly Schlein farà fino in fondo Elly Schlein, cosa da verificare, gli effetti saranno imponenti. A tutto campo”.

Fabio Martini Ansa
Fabio Martini

*Fabio Martini dalle colonne del quotidiano “La Stampa”, dal 1990 ad oggi racconta la politica italiana: ha anticipato alcune delle svolte del sistema politico (Pci-Pds, Msi-An, l’Ulivo, Forza Italia), ha seguito l’attività dei diversi Presidenti del Consiglio, è autore de “La fabbrica della verità”, “Nathan e l’invenzione di Roma” e insegna “Giornalismo politico” all’Università di Tor Vergata.