Giulio Regeni, i pm romani chiedono che si pronunci la Corte Costituzionale

"Tutelare gli interessi delle parti anche a fronte di inadempienza all'obbligo internazionale di cooperazione giudiziaria". Il giudice deciderà il 31 maggio

Giulio Regeni, i pm romani chiedono che si pronunci la Corte Costituzionale
Imagoeconomica
Da sinistra: Mauro Palma, Garante nazionale dei detenuti, Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, Giuseppe Giulietti giornalista dell'associazione Articolo 21, l'avvocato della famiglia Alessandra Ballerini, Paola Deffendi e Irene Regeni, madre e sorella di Giulio

La vicenda giudiziaria legata al sequestro, alla tortura e all'omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni, sette anni fa al Cairo, in Egitto, è a un bivio. La Procura di Roma, nel corso dell'udienza preliminare di oggi, ha infatti chiesto di sollevare la questione di costituzionalità sull'articolo 420 bis del codice di procedura penale, modificato dalla recente riforma Cartabia, nella parte in cui non prevede che si possa procedere in assenza dell'accusato "nei casi in cui la formale mancata conoscenza del procedimento dipenda dalla mancata assistenza giudiziaria da parte dello Stato di appartenenza o residenza dell'accusato stesso". Per i magistrati capitolini l'articolo in questione "appare lacunoso" perché manca una "previsione che permetta di tutelare gli interessi delle parti in causa anche a fronte di una inadempienza all'obbligo internazionale di cooperazione giudiziaria", come appunto avvenuto nel caso Regeni.

Una pronuncia della Corte costituzionale potrebbe permettere di avviare il dibattimento nei confronti dei quattro imputati, uomini degli apparati di sicurezza egiziani. Nei confronti di Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abedal Sharif, i pm contestano, a vario titolo, i reati di sequestro di persona, lesioni e concorso in omicidio.  Sulla richiesta dell'accusa il giudice per l'udienza preliminare (gup) si è riservato di decidere nell'udienza del 31 maggio. Il giudice ha davanti a sé sostanzialmente tre opzioni, tre possibili decisioni: accogliere la richiesta della Procura e inviare gli atti alla Consulta, recepire quanto definito in una memoria dell'Avvocatura di Stato secondo cui la riforma Cartabia già consente di procedere con il processo o, infine, il non luogo a procedere.

All'udienza erano presenti, come sempre, anche i genitori di Regeni. "Dopo avere ascoltato le parole del procuratore capo siamo sempre più convinti e determinati nel dire che il processo - ha affermato il loro legale, l'avvocata Alessandra Ballerini - vada fatto in Italia e debba iniziare il prima possibile. Il principio che deve essere sancito è che i cittadini italiani non possono essere sequestrati, torturati e uccisi, non possono subire la violazione dei loro diritti fondamentali nell'assoluta impunità perché gli aggressori si sottraggono al processo abusando del nostro sistema di diritto e di garanzia".

Prima dell'udienza c'è stato un presidio fuori dal tribunale a cui ha partecipato anche la segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha detto di credere "fortemente che questo processo debba andare avanti, debba essere fatto e siamo qui con questa speranza".