Ascoltato dal Promotore di Giustizia della Santa Sede

"Ho fatto i nomi, ora niente sconti". Il fratello di Emanuela Orlandi ascoltato 8 ore in Vaticano

Dopo 40 anni, si riapre l'indagine vaticana sul rapimento Orlandi. Il fratello Pietro racconta le sue verità: "Abbiamo elementi nuovi, mi hanno ascoltato". E poi: "Credo che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI conoscessero i fatti"

"Ho fatto i nomi, ora niente sconti". Il fratello di Emanuela Orlandi ascoltato 8 ore in Vaticano
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Pietro Orlandi, fratello di Emanuela

"Dopo 40 anni, ho potuto sfogarmi e ho trovato disponibilità a fare chiarezza, a mettere un punto". 

Sono le prime parole di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela Orlandi, scomparsa 40 anni fa, nel 1983. Orlandi esce dal Vaticano dopo più di otto ore di colloquio con il promotore di giustizia Alessandro Diddi. "Abbiamo parlato di tante cose", aggiunge Orlandi: "Della famosa 'trattativa Capaldo', del trasferimento di Emanuela a Londra, di pedofilia, degli screenshot dei messaggi di cui siamo entrati in possesso" con l'avvocato della famiglia, Laura Sgrò.

E ancora: "E' da due o tre anni che facevamo richiesta per essere ascoltati, perché avevamo in mano elementi nuovi. Lo avevo detto anche a Papa Francesco l'altro anno. Mi hanno ascoltato e hanno accettato quello che avevo da dire, sottolineando che auspicano la massima collaborazione con la Procura di Roma e le altre istituzioni italiane. E mi auguro che le persone che ho nominato vengano tutte ascoltate perché da lì possono uscire delle risposte. Ho fatto i nomi delle persone che secondo me dovrebbero interrogare - continua Orlandi - anche di alti prelati come il cardinale Re e altri personaggi eccellenti".

"Al promotore di giustizia vaticano ho consegnato le chat tra due cellulari del Vaticano e ho fatto i nomi. È stato un incontro lungo, ma positivo e ho sentito la volontà di fare chiarezza". Pietro Orlandi si sfoga poi nella trasmissione DiMartedì, su La7. "Diddi mi ha assicurato che le indagini sono iniziate da parecchio tempo, hanno già dei documenti su cui lavorare, il mandato è di indagare a 360 gradi". "Sicuramente ci sono volontà interne al Vaticano e forse c'è stato un cambiamento nella volontà - aggiunge - mi hanno assicurato che non c'è coincidenza con i funerali di Ratzinger perché le indagini andavano avanti da prima. Da Capaldo ai gendarmi, ai fatti di Londra, ho detto tutto quello che avrei voluto".

E infine: "Il promotore ha detto che non saranno fatti sconti a nessuno. Sono convinto che Giovanni Paolo II e Ratzinger fossero a conoscenza dei fatti".

I manifesti che furono affissi in tutta Roma dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori (Ansa)
I manifesti che furono affissi in tutta Roma dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori

I nomi

"I nomi? Dal cardinal Re che all'epoca stava sempre a casa nostra - dice Orlandi - e aveva relazioni strette con l'avvocato Egidio. Sapeva tutto quello che accadeva e qualche anno fa l'ho incontrato e mi ha detto che della storia Emanuela ha letto qualcosa. Dirmi così dopo tanti anni... è una delle persone a cui venivano mandati i cinque fogli sul trasferimento di Londra". 

“Un'altra persona da ascoltare - aggiunge - è l'ex comandante della gendarmeria Giani, che ha fatto cose particolari sulla ‘trattativa di Capaldo’. Lui e Alessandrini”. 

“Poi c'è Pignatone e tutta la questione delle intercettazioni della moglie di De Pedis: lo chiamavano il 'procuratore nostro' e dicevano 'ci penserà lui a far tacere Orlandi', 'ha cacciato Capaldo': e poi è stato promosso presidente del Tribunale Vaticano”. 

"Un'altra persona è il cardinal Sandri e lui - conclude Orlandi - dovrebbe essere a conoscenza che la prima telefonata è arrivata il 22 giugno".