La guerra civile è iniziata nel 2011

Voci dalla Siria. Dodici anni di guerra e crimini: a Rainews.it la dichiarazione di un testimone

Soldati e milizie civili, come gli shabiya (civili spesso mercenari), sono stati il braccio armato della repressione che secondo l’ONU ha tolto la vita, dal 2011 a oggi, a oltre 60mila persone

Voci dalla Siria. Dodici anni di guerra e crimini: a Rainews.it la dichiarazione di un testimone
LaPresse
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Il terremoto del 6 febbraio è stato solo l’ultima tragedia abbattutasi sul popolo siriano. Tutto è iniziato nel 2011.

La rivolta parte da una piccola città del Sud, Daraa. Dopo l’arresto di due giovani studenti, colpevoli di aver scritto sul muro esterno della scuola frasi contro il presidente Assad, i cittadini scendono in piazza per chiederne la liberazione. Il popolo chiede anche maggiori aperture democratiche. Per il 60% di fede sunnita, la popolazione siriana da quarant’anni è sotto il dominio del clan familiare di Assad, appartenente alla minoranza alauita, un ramo dello sciismo. Per questa dinastia esiste una sola legge: governare senza condividere il potere con nessuno.   

La guerra civile può dirsi iniziata il 15 marzo del 2011 quando le forze di sicurezza di Assad sparano sulla folla. Da quel momento la rivolta si diffonde in tutte le principali città del Paese, da Aleppo a Damasco. Nei mesi successivi le proteste si ripresentano ogni settimana, così come la repressione delle forze di sicurezza. L'uso della forza per reprimere la rivolta fa estendere le proteste in tutto il Paese. Per proteggere i cittadini indifesi, alcuni ex soldati dell’esercito di Assad si uniscono nell’Esercito Libero Siriano. Il regime risponde bombardando le zone controllate dai ribelli. Tra gli episodi più tragici c’è l’attacco al villaggio di Houla: 100 vittime, la metà sono bambini.

Da allora, e fino ad oggi considerando che dal giorno del sisma si contano 78 bombardamenti nelle aree di Nord Ovest dove sono rifugiati oltre 4,5 milioni di siriani fuggiti dalla repressione del regime, si sommano ogni genere di atrocità e la violazione dei diritti civili. 

Il 21 agosto 2013 più di 1400 civili muoiono per un attacco di armi chimiche a Ghouta. Nel conflitto il presidente viene spalleggiato dai suoi alleati russi (molti dei generali oggi sul campo in Ucraina sono stati sul campo in Siria) che oggi però sono impegnati internamente ed è per questo che Bashar Al-Assad sta cercando una “normalizzazione” dei rapporti internazionali. Si sente isolato e cerca di recuperare un ruolo nel Medio Oriente partendo dall’Arabia Saudita.

Soldati e milizie civili , come gli shabiya (civili spesso mercenari)  saranno il braccio armato della repressione che secondo l’ONU ha tolto la vita, dal 2011 a oggi, a oltre 60mila persone.

I crimini e le atrocità di Assad sono stati documentati da più testimoni come il fotografo “Caesar” (da cui il Caesar Act il documento del governo degli Stati Uniti del 2020 che pone sanzioni al regime siriano) e da altri che hanno messo a rischio la loro vita per deporre e raccontare cosa è successo, e succede, nelle carceri siriane. Alcuni di loro sono rifugiati in Europa ma la loro identità viene giustamente preservata.

Le condizioni di vita all’interno delle prigioni del regime sono terribili come lo sono i vari dipartimenti di sicurezza a cui si era destinati dopo l’arresto come per esempio il 215 definito “il dipartimento della morte”. 300/400 persone in una stanza di 40/50 mq circa. Se eri in piedi non ti potevi abbassare e viceversa. Mancava l’aria, l’acqua, l’igiene, la possibilità di utilizzare un bagno. Si muore di inedia, di soffocamento o di torture. I morti poi venivano seppelliti nelle grandi fosse comuni.

Il “Bulldozer Driver”, che ha testimoniato davanti alla Commissione Esteri del Senato americano, è un informatore e testimone chiave di crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi in Siria. Ha lavorato a Damasco dal 2011 al 2013. All’inizio della rivoluzione, nel 2011, il regime lo ha obbligato a lavorare al cimitero di Najha. Grazie alla corruzione del regime, la sua famiglia riuscì a pagare un ufficiale di alto grado e così ad ottenere il suo rilascio. Ora, dall’Europa, lavora per ottenere giustizia per gli innocenti sepolti nelle fosse comuni che è stato costretto a scavare. 

A Rainews.it la sua dichiarazione arricchita dalle foto di Caesar e da quelle, dal satellite, delle fosse comuni del cimitero di Najha a Damasco.

La situazione oggi in Siria.

Ad oggi ampie aree del nord, lungo il confine con la Turchia, sono controllate da forze filo-turche: le operazioni militari di Ankara hanno permesso di creare una zona cuscinetto al confine ma anche di garantire al governo del Presidente Erdogan di “intervenire” nella questione curda, da sempre spina nel fianco del paese.

Lungo il confine più vicino all’Iraq c’è la zona di responsabilità dei curdi, che storicamente vi abitano ma si sono opposti ad Assad durante la guerra. Sono supportati dagli Stati Uniti d’America, che mantengono basi in Siria, anche a protezione dei giacimenti petroliferi. 

Altre zone restano sotto il controllo di gruppi terroristi. A Idlib, Hayat Tahrir al-Sham (ex Jabhat al-Nusra) e l’ISIS. 

Le aree del sud-ovest (province di Deraa e Quneitra) sono controllate da diversi gruppi di opposizione armata riconciliatisi con il governo di Assad.

La Siria è sotto le sanzioni statunitensi dal dicembre 1979.

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