Come Robinson Crusoe in Amazzonia: precipita in aereo e sopravvive 36 giorni vagando nella foresta
Un pilota brasiliano è sfuggito alla morte dopo che il suo aereo è precipitato in un remoto angolo della foresta pluviale. La sua incredibile avventura è finita sul New York Times.
Antônio Sena, 36 anni, è sopravvissuto allo schianto del suo Cessna 210 nel cuore dell'Amazzonia. Ma quello è stato solo l'inizio della sua avventura: l'uomo si è salvato camminando per oltre un mese attraverso la rigogliosa ma anche impervia e pericolosissima foresta pluviale.
L'avventura inizia lo scorso 28 gennaio. Antônio, al suo primo incarico al servizio dei 'Garimpeiros', i minatori illegali che cercano oro nel cuore dell'Amazzonia, si trova a circa mille metri di altitudine sopra l'immensa distesa verde smeraldo della foresta tra gli Stati di Parà e Amapà, riserva mineraria ricchissima e protetta, ma dove lo sfruttamento è tollerato, quando il motore del suo piccolo velivolo si ammutolisce. Fa a tempo a puntare verso una piccola valle contornata di palme poi lo schianto. Riesce ad allontanarsi appena in tempo afferrando coltellino, una torcia, un paio di accendini e il telefono con la poca batteria rimasta prima che il Cessna prenda fuoco. Antônio decide di rimanere in zona per alcuni giorni, restando nei pressi dei rottami del Cessna in attesa di soccorsi. Vede alcuni aerei sorvolare la zona ma nessuno lo avvista. Abbandonate dopo un po' le speranze, inizia a camminare senza meta, e questo suo perdersi nel ventre della natura gli salva la vita.
Abbandonate le speranze di essere ritrovato, Antônio decide di mettersi in cammino per quello che si rivelerà un viaggio di quasi 30 Km attraverso la foresta pluviale, habitat naturale di giaguari, insetti velenosi e anaconde. Per giorni, l'uomo cammina solo al mattino, usando la posizione del sole per dirigersi a est verso il fiume. Nel pomeriggio, dopo aver arrancato per ore attraverso le paludi in mezzo alle liane, Antônio si fermava per costruirsi un giaciglio per dormire usando palme e rami per ripararsi dalla pioggia. Il "naufrago" sapeva che i predatori di solito cacciano vicino all'acqua per questo saliva in alto sulle colline per passare la notte, spesso preso di mira da branchi di scimmie ragno, che cercavano di distruggere la sua capanna improvvisata.
Ma le scimmie sono state anche la sua salvezza: dopo averle viste mangiare un piccolo frutto rosa brillante chiamato breu, Antônio ha pensato che potesse essere commestibile anche per gli esseri umani, e da quel momento è diventata la sua principale fonte di sostentamento insieme a uova blu di uccelli inambu, acqua piovana e poco altro. Tanto che, alla fine della storia, ha perso circa 25 chilogrammi. Un pomeriggio, circa quattro settimane dopo l'incidente, ha sentito tra gli alberi il ronzio di una motosega. Era salvo.
Si era imbattuto per caso, novello Robinson Crusoe, in un gruppo di raccoglitori di noci che da tre anni non frequentava quella parte della foresta. Questa incredibile storia di sopravvivenza, che sembra già pronta per una sceneggiatura di Hollywood, per ora è immortalata nella foto postata sul suo profilo Instagram in cui lo si vede in mezzo ai suoi salvatori. Il suo racconto ha riportato sotto la luce dei riflettori l'industria mineraria illegale in Brasile, fiorita negli ultimi decenni nei territori indigeni e in altre parti dell'Amazzonia che dovrebbero essere riserve naturali intoccabili dove le uniche attività umane consentite sono quelle destinate alla protezione della foresta.