Il Giorno dell'Antartide
Il primo dicembre 1959 fu stipulato a Washington il Trattato Antartico, di cui si celebra il 60esimo anniversario. Un accordo internazionale per tutelare il continente bianco e trasformarlo in una terra di scienza e pace
L'Antartide detiene il 90% delle acque dolci del pianeta, è il più grande deserto del mondo ed è l'unico continente senza popolazione umana nativa. L'oceano Antartico che la circonda dà vita a una fauna selvatica straordinaria, unica e iconica, e influenza oceani e animali selvatici a migliaia e migliaia di chilometri di distanza. Grande quasi 15 milioni di chilometri quadrati, praticamente una volta e mezza l'estensione dell'Europa, l'Antartide è sempre stata sinonimo di esplorazione e desiderio di conquista, ma nel secondo Dopoguerra era interesse della comunità scientifica mantenerla libera dalle pretese di sovranità territoriale, dai conflitti militari e dallo sfruttamento delle risorse naturali.
Così il primo dicembre 1959 fu stipulato a Washington il Trattato Antartico, di cui si celebra il 60esimo anniversario. Un accordo internazionale per tutelare il continente bianco e trasformarlo in una terra di scienza e pace. I Paesi firmatari, saliti dai 12 iniziali ai 54 attuali, hanno dato vita a un unicum nella storia del diritto internazionale, rendendo possibili scoperte cruciali per la salute del Pianeta come quella del buco dell'ozono. Anche l'Italia ha aderito al Trattato nel 1981, diventando un membro effettivo nel 1987, dopo aver intrapreso nel 1985 la prima spedizione e aver realizzato nel 1986 la sua base 'Mario Zucchelli' nella Baia Terra Nova. Da allora sono trascorsi 35 anni di intense attività di ricerca, "condotte grazie a competenze di eccellenza", rileva Antonio Meloni, presidente della Commissione Scientifica Nazionale per l'Antartide.
Col passare degli anni il Trattato Antartico si è arricchito diventando un vero e proprio Sistema del Trattato Antartico, con la Convenzione di Londra per la conservazione delle foche (1972), la Convenzione di Canberra sulla conservazione delle risorse marine viventi (1980) e la Convenzione di Wellington per la gestione delle attività minerarie (1988), subito sospesa e seguita dal Protocollo di Madrid sulla protezione ambientale (1991).
Quest'ultimo, in particolare, "ha ricongelato il Trattato Antartico per altri 50 anni, dunque la scadenza è prevista per il 2041", prosegue Meloni. "Le cose potranno essere rinegoziate e già si intravedono alcune difficoltà, considerato il malcelato interesse di alcuni Paesi per lo sfruttamento intensivo delle risorse ittiche e la crescente attenzione per la copertura glaciale del continente, che oggi rappresenta una preziosa riserva in cui si concentra il 70% dell'acqua dolce del Pianeta", afferma Meloni. "L'auspicio è che l'accordo possa essere salvaguardato, anche grazie al forte impegno delle nazioni che storicamente fanno ricerca in Antartide, Italia inclusa".
Il turismo
Se il continente artico è stato protetto dallo sfruttamento, lo stesso non si può dire del suo oceano da cui eppure dipende tutto. Basti pensare alla massiccia caccia alle balene fino al divieto globale sulla caccia commerciale a questi giganti del mare e ora ai cambiamenti climatici, all'inquinamento da plastica. E infine al turismo. Il luogo più inospitale del mondo sta diventando una meta richiesta, accessibile a visitatori di lusso. Unica attività commerciale consentita (oltre alla pesca, comunque oggetto di controversie internazionali sulle riserve marine), il turismo si concentra principalmente nella zona di Half Moon Island, che gode di un clima più mite rispetto al resto del continente ed è più facilmente accessibile. In questa striscia di terra i turisti devono seguire regole rigorose: pulire gli effetti personali per non introdurre specie invasive, mantenere una distanza rispetto agli animali, non raccogliere nulla.
Secondo una stima della IAATO (l’Associazione internazionale dei tour operator dell’Antartide), circa 78.500 persone dovrebbero visitare la regione tra novembre e marzo, registrando un aumento del 40% rispetto allo scorso anno. Attirati dalla vulnerabilità della zona, questi "nuovi esploratori responsabili" mettono ancora di più a rischio il suo delicato ecosistema.
I punti di non ritorno climatico
La penisola antartica è una delle regioni della Terra che si sta riscaldando più rapidamente, di quasi 3° negli ultimi 50 anni a detta dell’Organizzazione meteorologica mondiale, con un ritmo tre volte più veloce della media globale. Secondo gli autori dell'articolo "Climate tipping points.Too risky to bet against" pubblicato su Nature, è tra le zone vitali del sistema terra che hanno raggiunto il "tipping point" (punto di non ritorno climatico) insieme alla foresta pluviale amazzonica. Si tratta di zone che stanno subendo cambiamenti senza precedenti molto prima di quanto previsto, tutte collegate tra di loro e che rappresentano una minaccia per le popolazioni in tutto il mondo.
Il crollo delle principali calotte glaciali della Groenlandia, dell'Antartide occidentale e di parte dell'Antartide orientale porterebbe il mondo a circa 10 metri di innalzamento irreversibile del livello del mare. Le foreste pluviali, il permafrost e le foreste boreali sono esempi di punti di non ritorno che, se compromessi, provocheranno il rilascio di ulteriori gas serra che si aggiungerebbero all'attuale riscaldamento globale e accelererebbero il tasso di degrado climatico. Questi i nove punti di non ritorno climatico individuati: il ghiaccio marino artico, le calotte glaciali della Groenlandia, le foreste boreali, il permafrost, il sistema di circolazione dell'Oceano Atlantico del Nord (la cosiddetta corrente del Golfo), la foresta pluviale amazzonica, i coralli d'acqua calda, la calotta glaciale dell'Antartide occidentale e parti dell'Antartide orientale.
"Un decennio fa abbiamo identificato una serie di potenziali punti di non ritorno nel sistema terrestre, ora abbiamo le prove che oltre la metà di questi sono stati attivati - spiega Tim Lenton, autore della ricerca - La crescente minaccia rappresentata da cambiamenti rapidi e irreversibili ci dice che non è più responsabile restare fermi ad aspettare. La situazione è urgente e abbiamo bisogno di una risposta all'emergenza".