Usa, pena di morte: prima esecuzione federale dal 2003. Familiari delle vittime: Non nel nostro nome
Il governo degli Stati Uniti ha eseguito la prima condanna a morte a livello federale da quasi venti anni a questa parte uccidendo con il metodo dell'iniezione letale un uomo condannato per l'omicidio di una famiglia dell'Arkansas, una strage avvenuta negli anni Novanta e ordita nell'ambiente del suprematismo bianco
A differenza di quanto accade di solito l'esecuzione di Daniel Lewis Lee è avvenuta contro la volontà dei parenti delle vittime e al termine di una lunga trama di ricorsi legali. Lee, 47 anni, dello Yukon, Oklahoma, poco prima di essere giustiziato nella prigione federale di Terre Haute, Indiana ha reclamato la propria innocenza: "Non sono stato io. Ho fatto molti errori nella mia vita, ma non sono un assassino". Le sue ultime parole sono state: "State uccidendo un uomo innocente."
La decisione di procedere con la prima esecuzione federale dal 2003 - mentre altre due sono programmate entro la fine di questa settimana - ha attirato l'attenzione dei gruppi per i diritti civili e dei parenti delle vittime di Lee, che avevano fatto di tutto per cercare di fermarla, in ultimo citando le preoccupazioni per la pandemia del coronavirus.
Una pandemia che ha ucciso più di 135.000 persone negli Stati Uniti e che si sta diffondendo nelle carceri di tutto il paese. Secondo i critici il governo forzando la decisione di riprendere le esecuzioni ha creato un'inutile e pretestuosa urgenza con lo scopo di lucrare politicamente dalla vicenda. Uno degli avvocati di Lee, Ruth Friedman, ha detto che è "vergognoso che il governo abbia ritenuto opportuno portare avanti questa esecuzione durante una pandemia e abbia fatto tutto in fretta".
È probabile che la peculiarità del caso e le circostanze di questa riattivazione del boia a livello federale finisca per far entrare la riforma della giustizia penale nella campagna per le elezioni presidenziale del 2020.
L'esecuzione di Lee, morto alle 8:07 del mattino ora locale, è avvenuta dopo una serie di ricorsi che si sono conclusi quando la Corte Suprema è intervenuta all'alba di martedì con una sentenza a maggioranza risicata - 5 a 4 - che ha dato il via libera. Il procuratore generale William Barr ha detto che il Dipartimento di Giustizia ha il dovere di eseguire le sentenze imposte dai tribunali, compresa la pena di morte, per il rispetto delle vittime e delle comunità in cui sono avvenuti gli omicidi.
Ma i parenti delle vittime uccise da Lee nel 1996 si sono opposti a questa idea e hanno sostenuto che il condannato avrebbe meritato l'ergastolo. Volevano essere presenti per esplicitare la loro contrarietà e opporsi all'idea che l'esecuzione avvenisse per loro conto: "Per noi si trattava di esserci per dire: questo non viene fatto in nostro nome, non lo vogliamo", ha dichiarato Monica Veillette, una dei familiari.
I parenti hanno anche voluto sottolineare che il coimputato di Lee e presunto capobanda, Chevie Kehoe, è stato condannato all'ergastolo a differenza di Lee. Kehoe infatti lo aveva reclutato nel 1995 nella sua organizzazione di suprematisti bianchi, conosciuta come la Repubblica Popolare Ariana. Due anni dopo, sono stati arrestati per l'uccisione del trafficante d'armi William Mueller, di sua moglie Nancy e di sua figlia Sarah Powell, di 8 anni, a Tilly, Arkansas, circa 120 chilometri a nord-ovest di Little Rock.
Durante il processo svoltosi nel 1999, i procuratori dissero che Kehoe e Lee avevano rubato armi e 50.000 dollari in contanti ai Mueller come parte di un piano eversivo per creare una nazione di soli bianchi. Secondo la ricostruzione dell'accusa Lee e Kehoe avevano bloccato i Mueller e interrogato Sarah su dove potevano trovare altro denaro e munizioni. Poi, dopo aver stordito le vittime con le pistole, avevano infilato loro in testa dei sacchi della spazzatura sigillandoli con il nastro adesivo per soffocarle. Infine avevano legato delle pietre ai loro corpi e li avevano gettati in una palude.
L'esecuzione era stata sospesa la scorsa settimana dopo che i parenti delle vittime avevano sostenuto in un appello che sarebbero stati messi ad alto rischio per il coronavirus se avessero dovuto viaggiare per assistervi. L'estremo tentativo di fermare il boia è avvenuta alle 4 del mattino quando gli avvocati hanno tentato di sollevare un'ultima questione legale. Il Dipartimento di Giustizia ha replicato di aver presentato una istanza alla Corte ma intanto la procedura è andata avanti. Un maresciallo degli Stati Uniti ha sollevato il telefono nero all'interno della stanza dell'esecuzione - una piccola stanza quadrata con piastrelle verdi e finestre verso la sala che ospita i testimoni - e ha chiesto se c'era qualcosa che potesse ostacolare l'esecuzione: nulla, è stata la risposta, l'esecuzione poteva procedere.
Le esecuzioni a livello federale sono state rare, e il governo ha messo a morte solo tre imputati dal ripristino della pena di morte nel 1988 - la più recente nel 2003, quando Louis Jones venne giustiziato per il rapimento, lo stupro e l'omicidio di una giovane militare nel 1995. Sebbene non ci fosse più stata un'esecuzione federale da allora, il Dipartimento di Giustizia ha continuato ad approvare i procedimenti penali per la pena di morte e i tribunali federali hanno condannato a morte gli imputati.
Nel 2014, a seguito di un'esecuzione fallita in Oklahoma, il presidente Barack Obama aveva ordinato al Dipartimento di giustizia di condurre un'ampia revisione della pena capitale e delle questioni relative ai farmaci utilizzati nelle iniezioni letali. Il procuratore generale ha detto che lo scorso luglio la revisione è stata completata, consentendo la ripresa delle esecuzioni. Ha approvato una nuova procedura che sostituisce la combinazione di tre farmaci precedentemente usata nelle esecuzioni federali con un farmaco, il pentobarbital. Si tratta di una procedura simile a quella utilizzata in diversi Stati, tra cui Georgia, Missouri e Texas.
Negli Usa il numero di esecuzioni a livello dei singoli Stati è diminuito costantemente dal 2003, secondo i dati raccolti dal Death Penalty Information Center gli Stati hanno compiuto 59 sentenze capitali nel 2004 e 22 nel 2019.
Nessuno Tocchi Caino: "Cinico abuso del dolore altrui dire di aver fatto giustizia in nome delle vittime"
"Le dichiarazioni del Ministro della Giustizia William Barr come di Trump di aver così fatto giustizia in nome delle vittime, sono un esercizio abusivo, cinico e volgare del dolore altrui." Così in un comunicato l'associazione Nessuno tocchi Caino – Spes contra spem ha commentato la notizia della ripresa delle esecuzioni federali in America: "Con la ripresa delle esecuzioni capitali a livello federale, Donald Trump realizza l’unico successo del programma elettorale per la sua rielezione e manifesta la sua 'straordinaria' visione del futuro dell’America, cioè quella di un ritorno al passato e alla logica arcaica dell’occhio per occhio."
L'associazione prosegue snocciolando i dati di quella che è, anche negli Stati Uniti, una tendenza consolidata ad abbandonare la pena di morte come strumento di applicazione della giustizia: "Sono 165 gli Stati a diverso titolo abolizionisti (106 completamente abolizionisti, 8 per crimini ordinari, 6 in moratoria legale delle esecuzioni e 45 di fatto abolizionisti) e solo 33 sono mantenitori, di cui solo 20 nell’ultimo anno. Mentre negli USA, 33 Stati sui 50 della federazione, o hanno abolito la pena di morte (21) o non effettuano più esecuzioni da oltre 10 anni (12, di cui 4 con una moratoria legale in atto). Delle altre 3 giurisdizioni, il Distretto di Columbia ha abolito la pena di morte, mentre il Governo Federale l’ha ripresa e l’Amministrazione Militare non la pratica da almeno 10 anni."