Punto di riferimento per il turismo montano in Abruzzo

Com'era l’hotel Rigopiano, da rifugio alpino a spa di montagna

La trasformazione di una baita in pietra nella struttura di lusso spazzata via dalla valanga del 18 gennaio 2017. Le vittime furono 29

Isolato dal centro di Farindola, distante 9 Km, quota 1200 metri sul versante aquilano del Gran Sasso a pochi chilometri, in linea d'aria, dall'altopiano di Vado di Sole e da Campo Imperatore: al 1958 risalgono rare fotografie di una baita in pietra, disposta su due piani, alle pendici dei monti San Vito (1952 metri), Siella (2000 m), Coppe (1800 m) e Camicia (2564 m). Quello che diventerà l'Hotel Rigopiano è soltanto un rifugio gestito dal Club Alpino Italiano (Cai) situato a poche centinaia di metri da un altro rifugio (Sfiorato dalla valanga nel 2017) intitolato alla medaglia d'oro al valor militare Tito Acerbo (quota 1500 metri), capitano del 152º Reggimento di Fanteria morto nel 1918 nella battaglia del Piave.

La trasformazione della baita si protrae nel tempo, con il susseguirsi di ristrutturazioni. L'idea di costruire l'albergo è di Ermanno Del Rosso, professione geometra. Corre l'anno 1967 e Del Rosso contribuisce alla realizzazione della strada che dal rifugio porta alla frazione di Farindola (Comune in Provincia di Pescara). L'appezzamento intorno alla baita è ideale per realizzare il sogno di un hotel montano. E così Ermanno decide di investire sulla struttura, acquistandola dal comune, e inaugura l'albergo. Senza figli, il proprietario tira per diversi anni prima di chiudere. L'edificio resta inutilizzato per venti anni e alla sua morte ereditano i nipoti.

Sono gli inizi degli anni Duemila quando Roberto Del Rosso, una delle 29 vittime della valanga, decide di investire a Rigopiano. Insieme agli altri cugini crea una società - la Del Rosso srl. Il progetto è ambizioso, una scommessa che richiede ingenti somme di denaro e il ricorso a un'azienda di leasing. Incomprensioni tra coeredi, però, si riversano sui lavori di ristrutturazione. Il terremoto dell'Aquila del 2009 ostacola ulteriormente il progetto di realizzare un resort di lusso in quota. A complicare le cose c'è anche un'inchiesta della Procura che ipotizza il reato di corruzione su presunti abusi. I proprietari dell'hotel sono assolti, dopo aver rifiutato la prescrizione, insieme agli altri indagati dell'amministrazione “perché il fatto non sussiste”. Roberto intanto deve fare i conti anche con il cugino che si tira indietro dal progetto. La società cambia più volte nome e all'apertura Roberto resta il gestore mentre il direttore è suo nipote Bruno Di Tommaso. Nomi che ricorrono nella tragedia di Rigopiano.