8 marzo in guerra

Volti e racconti delle donne costrette a lasciare l'Ucraina

Queste donne sono solo alcune degli oltre 2 milioni di profughi in quello che per le Nazioni Unite è l'esodo in più rapida crescita in Europa dalla seconda guerra mondiale. Ecco le loro storie

Mentre nel mondo si celebra la Giornata Internazionale della Donna, nei volti delle migliaia di donne che da giorni sono costrette ad abbandonare l'Ucraina e sono in cammino verso destinazioni incerte, si legge lo sgomento e l'angoscia di trovare un posto sicuro per i propri figli mentre mariti, fratelli e padri sono rimasti indietro per combattere nel tentativo di fermare l'invasione della Russia. Già 2 milioni di persone sono scappate dall'Ucraina dall'inizio della guerra secondo le cifre dell'agenzia dell'ONU per i rifugiati, in quella che è stata definita la crisi umanitaria in più rapida crescita in Europa dalla seconda guerra mondiale. Un esodo che ha ha portato a scene strazianti di separazione.

Un decreto del governo di Kiev vieta agli uomini dai 18 ai 60 anni di lasciare il Paese. Una decisione che ha lo scopo di incoraggiare gli uomini ad arruolarsi. Questo significa che la maggior parte di coloro che fuggono dall'Ucraina sono persone anziane, ma soprattutto donne e bambini. Ecco una galleria di volti e di storie di queste donne coraggiose che trascorrono l'8 marzo 2022 in un rifugio o in cammino e spesso nascondono la paura e la stanchezza dietro un sorriso e una bugia per proteggere i propri figli dall'orrore della guerra.

Polina: "Le ho detto che andiamo in vacanza"

Polina S. che prima della guerra lavorava in un centro di riabilitazione a Kiev, ha cercato rendere più facile il viaggio a sua figlia di 3 anni nascondendo la verità. "Naturalmente è difficile viaggiare con un bambino, ma le ho detto che stiamo andando in vacanza e che torneremo sicuramente a casa un giorno quando la guerra sarà finita". Tenta di dare un senso a quello che sta vivendo: "Sento di essere responsabile per mio figlio, per questo è stato più facile per me partire, perché se non avessi avuto un figlio, probabilmente non avrei avuto il coraggio di andare verso l'ignoto", spiega al reporter di Associated Press.

"È segnata sul calendario, ma ora non ci importa della festa", di Anna Z., anche lei in fuga da Kiev con suo figlio.

"È molto dura, perché sono sola qui, e non ho nessun sostegno", racconta Irina O., 29 anni, che è appena arrivata in Romania con suo figlio Misha di un anno e mezzo dopo aver lasciato Kiev.

In Romania, Alina R. si è messa a piangere quando si è resa conto di aver dimenticato la Festa della Donna. L'anno scorso, la 19enne di Melitopol ha ricevuto un mazzo di fiori da suo padre e regali da altri parenti. "Quest'anno, non ho nemmeno pensato a questo giorno", ha detto. "È stato un giorno davvero terribile oggi".



"Come in un sogno terribile che non finisce"

Nataliya G. L., 65 anni, insegnante in pensione è fuggita dal Donetsk nell'Ucraina orientale e ha viaggiato per 36 ore con sua figlia e suo nipote: "Mi sento come in una specie di sogno terribile che non finisce. Sarei fuori di me se non fosse per mia figlia. Non sarei in grado di tornare in me".

In un campo profughi in Moldavia, Elena S. si scusa per le lacrime. Non riesce a nasconderle ai suoi due figli, uno di 4 e uno di 8 anni, mentre ricorda il viaggio da Odessa. La più piccola non capisce cosa sta succedendo, dice Elena. Il più grande cerca di calmarla, dicendo: "Mamma, andrà tutto bene".

In un teatro del Centro Culturale Ucraino nella città polacca di Przemysl vicino al confine, donne e bambini dormono in giacigli improvvisati. Molte controllano di continuo i cellulari per avere notizie. "È stato difficile prepararmi a partire", dice Natalia, una profuga dalla capitale. "Mia sorella ha detto che sono molto coraggiosa, ma secondo me sono una codarda. Voglio tornare a casa".

Al passaggio di frontiera di Medyka in Polonia, Yelena M. dice senza giri di parole che la fuga precipitosa da Kremenchuk con sua madre e sua figlia adolescente ha segnato la fine della sua vita come la conosceva. Suo padre, suo marito e suo fratello sono rimasti indietro: "Vorrei che finisse il più presto possibile, perché sapete, per ogni madre, cosa può essere peggio? Non riesco a capire perché i nostri figli stanno morendo. Non lo so".

Dopo aver viaggiato per due giorni con suo figlio di 9 anni da Bakhmut nell'est Ucraina, Katarina P. è arrivata a una stazione ferroviaria di Zahony, città di confine ungherese. Katarina lavorava in un ufficio postale a Bakhmut prima che la Russia sferrasse il suo attacco. Spiega che non avrebbe voluto lasciare la sua casa nel Donetsk, ma che sentiva di non avere altra scelta se non quella di proteggere la sicurezza di suo figlio. Nel giorno della Festa della Donna, ha detto augura a tutte le donne ucraine di rimanere forti: le donne ucraine, dice, sono le più forti nello spirito, e grazie a questo attraverseranno questi tempi di disperazione.