Ep.4
Fisco inferno

Chi ci perde

Le tasse si evadono perché sono troppo alte o sono troppo alte perché si evadono? Di certo gli effetti dell'evasione li scontano i cittadini.

  • Con una pressione fiscale che negli ultimi anni è diventata sempre più alta.

  • Con mancati investimenti nel welfare, beni e servizi pubblici, perché il denaro nascosto offshore diventa denaro sterile per gli Stati.


Buca sulla strada di Roma/ Ansa

Solaio crollato in una scuola elementare / Ansa

  • Con l'ineguaglianza economica che mette a rischio il sistema democratico:
    - viene meno il patto sociale per cui tutti devono contribuire con le tasse a finanziare beni e servizi pubblici;
    - concorrenza sleale: disparità che si crea fra le piccole e medie imprese e le grandi multinazionali che possono godere di fiscalità agevolate attraverso sedi fiscali offshore e accordi ad hoc con gli Stati che li ospitano.


Chi ci guadagna?

Le multinazionali

Non solo per le quantità di denaro offshore ma anche per come i Governi di ogni continente riducono la tassazione d’impresa danneggiando in tal modo le economie proprie e di altri Stati. Secondo i dati Ocse le entrate medie generate dai profitti societari nei Paesi membri sono scese dal 3,6% al 2,8% del Pil nel periodo 2007-2014.



I paesi che a danno di altre economie scelgono di essere paradisi fiscali. Perché?

  • Vantaggi economici dalla creazione delle società di comodo e dei trust:
  • Secondo l'organizzazione Citizen for Tax Justice, la maggior parte delle società presenti nell’elenco delle più grandi multinazionali del mondo (Usa Fortune 500) opera attraverso filiali nei Paesi Bassi (Regno che comprende anche gli Stati caraibici di Aruba, Curaçao e Sint Maarten), dove le royalties sui diritti per lo sfruttamento di un marchio o di un format produttivo o commerciale non vengono tassate.

    In Olanda ci sono circa 12 mila società che sono semplici indirizzi postali. Controvalore fiscale: 4 miliardi di euro.

    Dalle attività delle società fiduciarie che gestiscono le “caselle postali” e dagli uffici di consulenza fiscale deriva un gettito stimabile in 1 miliardo di euro annuo, e un impiego per oltre 3.500 persone.

    Nel 2016 il Pil è cresciuto del 2%, registrando una performance migliore della media dell’eurozona (1,7%).
    La disoccupazione è scesa al 6% (la media nella zona euro è al 10%), il rapporto deficit/Pil all’1,4%. Nel 2017 si prevede un’ulteriore riduzione della disoccupazione al 5,3%, per gli effetti della crescita dell’offerta di lavoro.
    Ma per l'Ue non è un paradiso fiscale.

    L’economia nel 2015 è cresciuta del 26,3% contro il 7,8 delle previsioni, e gli indici continuano a salire.

    Secondo le istituzioni irlandesi il grande balzo è frutto della bassa pressione fiscale sul reddito delle imprese (corporate tax rate) portata al 12,5 % e di un peso complessivo di pressione fiscale (total tax rate) pari al 25%, contro il 40 % della media europea. La crescita, dichiarano, è avvenuta soprattutto grazie al mercato delle proprietà intellettuali.

    A trascinare il Pil multinazionali, giganti del web e dell'industria farmaceutica, che hanno fatto di Dublino il proprio quartier generale europeo. L'Ue non la considera un paradiso, anche se la sua politica fiscale sbilanciata "ruba" gettito ad altri Paesi membri.

    Fonti: Eurostat, Ireland Central Statistics Office, Mercati Esteri Farnesina, Citizen for Tax Justice

  • Un'economia fatta da professionisti specializzati con la creazione di filiali di banche, società di auditing e studi legali che generano occupazione e utili:
  • Zero corporation tax (imposta sul reddito dell'impresa), nessuna tassa sul capital gain (utile di capitale) né sull’eredità e una bassa tassazione sulla persona.

    Nel 2014 il ministro delle Finanze Eddie Teare affermava: «La nostra aliquota fiscale aziendale allo 0% è la pietra angolare della nostra economia. Oltre 1.100 nuovi posti di lavoro sono stati creati negli ultimi due anni». Non pochi per un'isola che conta poco più di 80.000 abitanti.

    Nel dicembre 2015, il Tynwald (Parlamento dell’isola) ha dato la cornice legale all’adozione su larga scala di bitcoin. E molte start up digitali hanno adottato bitcoin per le loro transazioni. L’Isola vuole diventare leader nel settore.

    L’isola appartiene direttamente alla regina Elisabetta II. Con poco più di 100.000 abitanti, è l'ottavo Paese al mondo per Pil pro capite.

    Zero tassazione sulle società. Nessuna ritenuta alla fonte no-pad-left-fonte per il pagamento di interessi e dividendi agli azionisti di compagnie offshore. Lo stipendio medio di un impiegato è di 3.500 euro al mese e si calcola che nel complesso ci siano 2.000 miliardi di dollari gestiti o depositati nell’isola pari, secondo una stima de Il Sole 24 Ore, a 20 milioni di euro per abitante.

    A Saint Helier, la città più grande dell’isola, ci sono circa 900 società di gestione di trust, 33 gruppi bancari con decine di agenzie, centinaia di studi legali, broker, società finanziarie e di wealth management. E poi, le agenzie immobiliari e di gestione, i consulenti, revisori e mediatori. Qui l’industria dei servizi finanziari dà lavoro a un quarto della popolazione attiva (circa 80 mila abitanti) che lavora anche alla promozione finanziaria dell’isola come dimostra il sito www.jerseyfinance.je/.

    Fonti: United Nations Department of Economic and Social Affairs, Labour market statistics Isle of Man, Jersey Govern, Il Sole 24 Ore

  • Vantaggi di natura politica:
  • Il Lussemburgo è un vero paradiso per le società di tutto il mondo, proprio a causa della bassa imposizione e degli accordi di tax ruling che ne abbassano ulteriormente l’aliquota fiscale. Di recente ha annunciato la riduzione nel 2018 dell’imposta sul reddito per le imprese fino al 18% (attualmente è il 21).

    Nel 2014 il Granducato si è trovato al centro dello scandalo LuxLeaks, perché aveva preso accordi fiscali segreti che hanno permesso a più di 300 multinazionali di eludere il pagamento delle imposte dovute in altri paesi. Nonostante questo il Lussemburgo continua a ignorare richiami e regole comunitarie. Eppure è uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea e il suo ex primo ministro, Jean Claude Juncker, è l’attuale presidente della Commissione Ue.

    A Malta le aliquote sulle società non residenti sono del 5%, meno della Bulgaria (10%) e dell’Irlanda (12,5%). Tra le più basse d’Europa.

    In pochi anni l’isola è diventata un Eden per banche, fondi di investimento e imprenditori che hanno trasferito risorse e aperto attività.
    Vantaggi fiscali applicati alle entrate da marchi e brevetti, assicurazioni, giochi e scommesse online, aviazione, navi. Grazie al sistema maltese, ad esempio, i proprietari di lussuosi yacht non pagano l’Iva e altre spese, anche quando le loro imbarcazioni sono localizzate altrove.

    Di recente un’ampia inchiesta internazionale – Malta Files –, che ha indagato i fenomeni di evasione e riciclaggio nel Paese, ha portato alla luce un sistema di società offshore che determina introiti per oltre 250 milioni di imposte all’anno.

    Questo sistema “vantaggioso” per l’isola, nonostante alcune critiche mosse all’interno dell’Ue, non viene messo in discussione. Durante il turno di presidenza maltese, diversi Stati hanno chiesto che i Paesi con tassazioni d’imposta pari a zero facessero parte della lista. Ma la proposta è stata respinta proprio da chi in Europa applica tassazioni vantaggiose, in nome del principio di «sovranità fiscale delle nazioni».

    Malta si è opposta all'aggiornamento della direttiva sul riciclaggio. La Commissione europea aveva ipotizzato che i beneficiari economici delle società “cassette postali” e dei trust fossero identificati in un registro pubblico. L’isola ha detto no. E così è stato.

    Fonti: European Investigative Collaborations, Mercati Esteri Farnesina