Al Mart di Rovereto la mostra Arte e fascismo

Il presidente del museo Vittorio Sgarbi: "Fu un regime criminale, ma i segni nella cultura sono rimasti". Fino all'1 settembre, esposte 400 opere

Il fascismo non fu mecenate, ma volle influenzare l'arte per costruire consenso attorno al regime.

Diversi linguaggi, molte sovvenzioni per un unico scopo che, per eterogenesi dei fini, fece maturare in Italia tra le due guerre mondiali una produzione artistica particolarmente ricca.

Uno spaccato che al Mart di Rovereto viene reso con 400 opere, esposte fino al primo settembre nella mostra “Arte e fascismo”, con un sguardo particolare sul rapporto tra Margherita Sarfatti, colta intellettuale ebrea, e Benito Mussolini, rozzo e brutale.

“Ho voluto - spiega il presidente del museo, Vittorio Sgarbi - che arte e fascismo significasse pittura, scultura, anche monumentale, ma non sempre soltanto propagandistica”.

Non solo, dunque, i “testoni” di Adolfo Wildt o la celebrazione del dittatore nei ritratti, anche murali, supporto alla propaganda bellicista che si alternava alle canzonette dispensate dalle radio rurali.

La linea è imposta più nei contenuti che nella forma, che si declina pure nei profili continui di Renato Bertelli, nel dinamismo futurista di Enrico Prampolini che celebra il movimento che diviene regime, negli arditi voli di aeropittori come Thayat.

Spazio trova anche l'architettura razionalista, non solo Marcello Piacentini, ma pure Angiolo Mazzoni e Adalberto Libera che lavorarono inoltre in Trentino.

“L'architettura del fascismo - riprende Sgarbi - non è un elemento negativo. Pierpaolo Pasolini lo ha dichiarato in maniera assoluta, dicendo che Sabaudia è una grande città, nonostante la criminalità del fascismo”.

Sgarbi, in ogni modo, sostiene. “Non c'è fascismo nell'arte, non c'è arte nel fascismo”.