L'ultima immagine di Saman è di lei che esce di casa insieme ai genitori. Sono le telecamere della tenuta agricola reggiana di Novellara nella quale lavora da anni il clan Abbas a documentare quello che succede. E' la notte tra il 30 aprile e il primo maggio. Solo padre e madre torneranno, per poi portatire per il Pakistan in tutta fretta. Torneremo presto, dice il padre al telefono a un cronista. Ma di loro non si sa più nulla. Spariti. Come sparita è Saman, quell'esile dicottenne che delle regole arcaiche della famiglia non voleva più saperne. A raccontare quello che succedeva in casa sarà il fratello minore, che le voleva bene, ma non abbastanza da opporsi a tutta la famiglia per difendere la sorella, quella ragazzina che osava rifiutare un matrimonio combinato e voleva invece sposare un ragazzo scelto da lei.
A casa - racconta lui - era tornata solo per i documenti. Imperdonabile lesione all'orgoglio della famiglia. E proprio di un complotto di famiglia, cosi racconterà il ragazzo ai magistrati, sarebbe stata vittima Saman. Quello che le telecamere non riprendono, nella notte di un anno fa, sarebbe stato l'omicidio della diciottenne. Consegnata dai genitori, strangolata dallo zio, fatta sparire dai cugini. Come i genitori, anche zio e cugini scappano all'estero, ma poi vengono catturati e ora sono in prigione a Reggio Emilia. Da loro solo poche parole, solo per dirsi innocenti.
Di Saman, nonostante mesi di ricerche nei campi, nei fiumi, ovunque nei dintorni, nessuna traccia. Resta forte invece il suo ricordo. E il desiderio di giustizia. Per tutti e cinque i suoi parenti la procura chiede il rinvio a giudizio per omicidio volontario e soppressione di cadavere.