Saman, conclusa la seconda udienza. Processo aggiornato al 17 marzo

A Reggio Emilia il procedimento ai familiari accusati dell'omicidio della 18enne pachistana. La corte si riserva la decisione sulle richieste di risentire il fratello e il fidanzato della vittima
Saman, conclusa la seconda udienza. Processo aggiornato al 17 marzo
TGR Emilia-Romagna
L'aula del processo

"Ho sentito che l'avvocato di Danish Hasnain ha ringraziato le istituzioni per aver fatto arrivare in Italia la compagna del suo assistito. Io non posso fare lo stesso, nonostante abbia chiesto da un anno e mezzo al ministero degli Esteri e all'ambasciata a Islamabad di far venire in Italia i genitori di Saqib". Lo ha detto al termine dell'udienza in Corte di assise a Reggio Emilia l'avvocato Claudio Falleti, difensore di parte civile per il fidanzato di Saman Abbas, morta tra il 30 aprile e il primo maggio 2021. Il giovane, anch'egli pakistano, è stato vittima di minacce "per cui è in corso un procedimento a Frosinone e così anche i suoi familiari in patria", ha spiegato Falleti, precisando di aver chiesto per i genitori del ragazzo "un visto con validità territorialmente limitata per ragioni di tutela".

Il processo per la morte di Saman Abbas riprenderà il 17 marzo con l'audizione dei primi testimoni indicati dalla Procura di Reggio Emilia, personale di polizia giudiziaria che ha svolto le indagini sull'omicidio. In quella data, inoltre, si capirà se sarà possibile processare in videoconferenza il padre della giovane, attualmente in Pakistan. La Corte si è invece riservata la decisione sulle richieste delle difese degli imputati di risentire il fratello e il fidanzato della 18enne, già ascoltati nel 2021 in incidente probatorio. Una decisione che probabilmente verrà presa dai giudici più avanti, nel corso del dibattimento, alla luce di quello che emergerà. Riserva anche sulle richieste di perizie tecniche avanzate dalla difesa dello zio Danish Hasnain, tra l'altro su geolocalizzazione dei telefoni degli indagati la notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 e sul sistema di videosorveglianza dell'azienda agricola di Novellara. Sono invece stati ammessi tutti gli altri testimoni chiesti dalle parti: oltre agli investigatori e consulenti tecnici, anche operatori dei servizi sociali, altri componenti della famiglia Abbas e colleghi di lavoro degli imputati. Tra i testimoni ammessi, anche la compagna di Danish Hasnain, all'epoca dei fatti in Pakistan e arrivata di recente in Italia.

Dopo le audizioni del fratello di Saman Abbas e del fidanzato, sentiti entrambi sotto le forme dell'incidente probatorio, rispettivamente il 18 giugno e il 23 luglio 2021, ci sono state "sopravvenienze istruttorie": "c'è stato il ritrovamento del cadavere". Lo ha detto l'avvocato Liborio Cataliotti, difensore di Danish Hasnain, zio della 18enne uccisa a Novellara e imputato per l'omicidio insieme a quattro familiari, per spiegare alla Corte di assise perché, secondo lui, è necessario sentire nuovamente anche questi due testimoni nel corso del dibattimento. "E' in corso - ha ricordato - un accertamento sulla dinamica dei fatti, per capire chi ha compiuto l'omicidio, come e con quali mezzi". Dopo che hanno preso la parola anche gli avvocati dei cugini di Saman, Luigi Scarcella per Nomanhulaq Nomanhulaq e Mariagrazia Petrelli per Ikram Ijaz, che chiedono anche loro di risentire i due, la Corte di assise si è ritirata in camera di consiglio per decidere.

"Abbiamo un numero nazionale rispondiamo 24 ore su 24 a tutte le vittime che ci chiedono aiuto: nel 2022, 1.670 donne dell'Emilia-Romagna hanno chiesto aiuto al numero nazionale". Lo ha detto Maria Teresa Manente, avvocato di Associazione differenza donna, tra le parti civili nel processo per la scomparsa di Saman Abbas. "Noi lavoriamo in maniera molto concreta. - ha proseguito Manente - Abbiamo una rete che ci collega a tutti i centri anti-violenza, alle questure, alle stazioni dei carabinieri, ai commissariati e valutiamo il rischio e la pericolosità abbiamo contatto immediato anche con le procure, quindi lavoriamo proprio per poter prevenire una escalation. La violenza maschile nei confronti delle donne va prevenuta, oltre che punita".

"Noi continuiamo a dire e a lanciare questo appello che bisogna denunciare quando ci sono delle situazioni di violenza, ma anche quando ci sono primi segnali, soprattutto in situazioni in cui una ragazza come Saman stava lottando per emanciparsi e per liberarsi da un sistema particolarmente oppressivo è importante rivolgersi ai centri specializzati e antiviolenza". A dirlo è Carla Ruffini, una delle attiviste di Non una di meno Reggio Emilia, a margine della seconda udienza del processo per la sparizione di Saman Abbas. "Il sistema patriarcale è ovunque e non conosce differenza di cultura o di religione, perché si è voluto vedere questo processo e questo femminicidio in chiave islamofobica, qualcuno ha cercato di strumentalizzarlo, lo abbiamo visto. Noi, però, sosteniamo che la cultura patriarcale è diffusa ovunque nel mondo e lo testimoniano le migliaia di donne ammazzate, morte di patriarcato", ha aggiunto. "In ogni città della regione, ci sono dei centri che funzionano ed è importante rivolgersi a questi perché sono centri femministi, che hanno delle metodologie e un protocollo femminista che aiuta chi ha subito violenza a uscire da una situazione che è particolarmente delicata dal punto di vista del recupero di energie e di forze per riuscire a contrastare questa violenza". 

"Se l'esclusione delle parti civili è un successo? Io non parlo di successi o insuccessi, parlo di fondatezza della decisione: mi ero espresso io per primo chiedendo un rinvio, seppur ad horas, per fare le debite valutazioni, perché avevo il sentore che molte delle costituzioni non fossero fondate, sul piano della legittimazione stessa, quindi come potrei dire che non accolgo con soddisfazione questa decisione: è una decisione assolutamente di buon senso". Lo ha dichiarato, a margine dell'udienza per la scomparsa di Saman Abbas, Liborio Cataliotti, avvocato di Danish Hasnain, zio della 18enne di origini pakistane. "Ripeto ciò che dissi, il che non vuol dire che noi non riteniamo meritori gli scopi delle associazioni escluse che hanno tentato di costituirsi parte civile. - ha proseguito Cataliotti - Loro perseguono gli interessi assolutamente alti, meritevoli di tutela, ciò non significa che automaticamente diano ingresso a un processo penale, perché ci sono requisiti pretesi dalla giurisprudenza che sono molto rigidi".

Il "forte stress" subito dalla vicenda e "le minacce subite, oggetto di altro procedimento penale, che arrivavano ad ogni sua uscita pubblica" sono due elementi su cui ha insistito l'avvocato Claudio Falleti, difensore del fidanzato di Saman Abbas, per opporsi a una nuova testimonianza del suo assistito. Il ragazzo è stato infatti già sentito in incidente probatorio prima dell'inizio del processo. Ma i difensori degli imputati Danish Hasnain, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, zio e cugini di Saman, lo hanno inserito nelle loro liste testi su cui si deve esprimere la Corte d'assise. Ma "non essendoci ulteriori nuove circostanze", ha detto Falleti in aula, non è necessario chiamarlo a deporre.

"Questo ragazzo è certo che per aver parlato subirà la stessa sorte della sorella". Lo ha detto in aula l'avvocato Valeria Miari, che assiste come parte civile il fratello di Saman Abbas. Il giovane, minorenne, è testimone chiave nel processo ai cinque familiari della 18enne accusati dell'omicidio. Le difese degli imputati hanno chiesto di risentirlo nel processo, mentre la sua avvocata si oppone facendo riferimento anche a "forti pressioni che ha subito da persone vicine al nucleo familiare" e "al trauma subito". "Ha chiesto di vedere il corpo, è convinto sia la sorella", ha detto ancora.

"Togliere voci a Saman in questo processo vuol dire contribuire sempre di più a mortificarlo, già abbondantemente mortificato da quello che sta succedendo in Pakistan: certamente dal punto di vista sostanziale la cosa non ci preoccupa, perché faremo valere in maniera puntuale ogni singolo aspetto, ritenendo che gli imputati siano tutti responsabili dei fatti". Così l'avvocato Riziero Angeletti, che rappresenta l'Ucoii, Unione delle Comunità Islamiche in Italia, circa l'atteggiamento del Pakistan che continua a rinviare le decisioni sull'estradizione del padre di Saman e sull'esclusione delle parti civile dal processo."Il riferimento all'Islam è importante, ma d'altra parte il capo di imputazione lo prevedeva - spiega il legale - contiene infatti una aggravante che attiene proprio all'impostazione pseudo-religiosa delle condotte degli imputati; quindi, non potevano non essere ammesse proprio quelle associazioni che sostengono la necessità di una integrazione e di uno smussamento degli integralismi religiosi, che si sono manifestati pienamente in questa vicenda". "L'aggravante dei futili motivi - conclude il legale - consiste nell'aver determinato la morte di Saman per ragioni legate a uno pseudo orientamento religioso che è il matrimonio combinato, cioè la reazione al rifiuto di accettare il matrimonio combinato".

"Se mi aspettavo l'ammissione del Comune di Novellara tra le parti civili? Lo speravo, perché mi sembra fuori dubbio che il Comune di Novellara non solo abbia avuto un ruolo nel merito, anche nella gestione della vicenda, ma ne abbia subito anche enormi conseguenze, non solo sul piano mediatico, ma proprio sul piano stesso dei contenuti, delle politiche che noi, da tantissimi anni, sosteniamo e che sono le politiche dell'integrazione, dell'inclusione e del dialogo". Lo ha dichiarato Elena Carletti, sindaca di Novellara, a margine della seconda udienza del processo per la scomparsa di Saman Abbas.

Oltre a quelle nominate nell'ordinanza letta in aula dalla presidente della Corte di assise sono state ammesse anche altre associazioni, su cui non erano state fatte eccezioni delle difese. Come 'Non da sola' e Trame di Terra'. Ammessa anche l'Unione dei comuni della bassa reggiana.

Le difese di Danish Hasnain e Ikhram Ijazz , rispettivamente zio e cugino di Saman, hanno ribadito in aula la richiesta di rito abbreviato, già respinta in fase di udienza preliminare, nell'ipotesi che si possa, a fine processo sulle responsabilità nella morte di Saman Abbas, arrivare ad una sentenza che - escludendo  le aggravanti - possa portare ad una pena che non sia l'ergastolo. Opzione che consentirebbe così di guadagnare la riduzione di un terzo della pena."Nulla esclude che all'esito del giudizio la Corte possa riqualificare il fatto contestato. 

Escludendo le aggravanti  - spiega il legale  delle comunità islamiche, Riziero Angeletti - non si avrebbe un reato di omicidio per i quale la legge prevede l'ergastolo ma avremmo una pena per la quale la legge prevede una reclusione non inferiore a anni 21, il che significherebbe consentire di usufruire della riduzione di pena. La legge prevede che la richiesta vada reiterata nelle fasi iniziali del dibattimento - conclude il legale - per cui se la Corte dovesse escludere quelle aggravanti,  il reato si ridurrebbe di entità
sanzionatoria e gli imputati potrebbero usufruire della riduzione di un terzo della pena". 

"E' stata scelta l'ammissione di associazioni di natura confessionale, per cui abbiamo tutto il settore dell'islamico, l'Unione donne Italiane e differenza donna: una scelta di campo di natura confessionale, tutto ciò che è islamico è rimasto perché attinente al tema, tredici le associazioni eliminate". Lo afferma l'avvocato Barbara Iannuccelli dopo l'esclusione dell'Associazione Penelope dalle parti civili del processo.
Alla domanda se la scelta della Corte avesse provocato delusione, Iannuccelli ha risposto: "Sono convinta che assieme all'avvocato Falleti per Saquib (il fidanzato di Saman) possiamo fare un ottimo lavoro". 

L'avvocato Liborio Cataliotti, difensore di Danish Hasnain, lo zio di Saman accusato insieme ad altri quattro parenti dell'omicidio della nipote, ha preannunciato alla Corte di assise che chiederà per il proprio assistito di poter beneficiare dello sconto di pena previsto dal giudizio abbreviato se, all'esito del processo e della sentenza, verrà per lui modificata l'impostazione d'accusa e se il reato contestato non dovesse più essere ostativo alla concessione del rito alternativo. Hasnain a novembre ha consentito il ritrovamento del cadavere della 18enne, interrato in un casolare a Novellara non distante dalla casa di famiglia. E ha fornito una ricostruzione dei fatti secondo cui avrebbe solo accompagnato i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, coimputati, a seppellire il corpo. Per l'accusa è invece ritenuto l'esecutore materiale. Attualmente a lui, come agli altri imputati, sono contestati omicidio aggravato da premeditazione, motivi abietti e legame di parentela, oltre a occultamento di cadavere e sequestro di persona. Cataliotti, parlando coi giornalisti a margine dell'udienza a Reggio Emilia, ha spiegato che a suo avviso le aggravanti possono essere messe in discussione. Sui motivi abietti ha detto che "il dubbio è se una norma di cultura, di matrice religiosa, possa essere interpretata come un'aggravante rispetto all'omicidio. Cioè l'omicidio d'onore, giudicato con una responsabilità attenuata nel paese di origine dei tre, ammesso e non concesso che questo sia stato il movente del reato, può rappresentare, importata questa cultura in Italia, un'aggravante?". Poi il rapporto di parentela "riguarda i genitori e non gli altri tre imputati". La premeditazione, infine "deve essere valutata in ordine a ciascuno degli imputati". E "lui si professa estraneo allo stesso occultamento di cadavere".

"Essere presenti in questo processo significa non solo lottare nel nome di Saman, ma soprattutto per tutte le donne autoctone e in migrazione, per tutte le ragazze di seconda generazione perché il loro desiderio di libertà ed autodeterminazione non significhi mai più un femminicidio". Lo affermano "con emozione e grande soddisfazione" Elisa Ercoli,
presidente di Differenza Donna, e l'avvocata Maria Teresa Manente, responsabile dell'ufficio legale della associazione, dopo l'ammissione dell'associazione tra le parti civili nel processo Saman. 

Sono 10 le parti civili ammesse nel processo per l'omicidio di Saman Abbas, che si è aperto lo scorso 10 febbraio a Reggio Emilia. Lo ha deciso la Corte d'Assise di Reggio Emilia che si è pronunciata oggi sulle 23 richieste presentate da enti e associazioni di tutta Italia. Sono nello specifico ammesse le parti: Comune di Novellara, Unione dei Comuni della Bassa Reggiana, e il fratello minore e il fidanzato di Saman. Inoltre l'Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii), la confederazione islamica italiana e la Grande moschea di Roma. Infine le associazioni "Trama di terre", "Unione donne italiane" (Udi) e "Differenza donna". Tra gli esclusi l'associazione Penelope e il Comune di Berceto, l'unico ad aver già dato la cittadinanza italiana a Saman nel giugno del 2021.

 

Iniziata questa mattina in tribunale a Reggio Emilia la seconda udienza del processo per l'omicidio di Saman.

La Corte di assise di Reggio Emilia invierà gli atti per far predisporre il processo in videoconferenza di Shabbar Abbas, padre di Saman, la 18enne uccisa a Novellara la notte del 30 aprile 2021 a Novellara. Lo ha comunicato la presidente della Corte in apertura dell'udienza separata per il Shabbar, arrestato in Pakistan a metà novembre e per cui è in corso una procedura di estradizione chiesta dall'Italia.
Ora gli atti andranno notificati a Islamabad per chiedere ad Abbas il consenso ad essere processato in video, a distanza. "La Corte - ha detto Beretti - ha preso contatti col ministero, chiedendo assistenza per la predisposizione della videoconferenza. I tempi non li possiamo governare noi. La richiesta è stata predisposta, fatta tradurre in inglese, punjab e urdu". 

Gli atti saranno inviati al ministero della Giustizia che poi li invierà in Pakistan per la notifica.
Prosegue intanto il processo per gli altri quattro familiari di Saman, accusati di omicidio: lo zio, due cugini e la madre, latitante.
L'udienza per il padre è stata rinviata al 17 marzo.