La Procura di Roma chiuderà a breve l'inchiesta sul sequestro, le torture e l'omicidio di Giulio Regeni, avvenuto in Egitto tra gennaio e febbraio 2016. Al Cairo, in agenda terrà un ultimo vertice tra una delegazione del Ros, il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei Carabinieri, e del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato con gli investigatori egiziani per provare a sciogliere i nodi esistenti sulla vicenda. E se le cose dovessero andar bene potrebbe esserci un nuovo incontro a Roma.
Il riferimento dei magistrati italiani è la data del 4 dicembre 2018, quando vennero iscritti sul registro degli indagati 5 appartenenti alla sicurezza nazionale egiziana. Il primo luglio scorso c'è stata l'ultima riunione in videoconferenza tra il procuratore capo di Roma, Michele Prestipino Giarritta, e il titolare delle indagini, Sergio Colaiocco, con la delegazione di magistrati egiziani, guidata dal procuratore generale d'Egitto, Elsawy, e con il direttore della divisione cooperazione giudiziaria, Khalaf.
Gli inquirenti italiani chiedono sempre una risposta "riscontri concreti" alla rogatoria avanzata nell'aprile 2019. A cominciare dall'elezione di domicilio da parte degli indagati e poi relativamente alle dichiarazioni rese da uno degli indagati in Kenya nell'agosto del 2017 che confermerebbero i pestaggi subiti dal ricercatore di Fiumicello. Da chiarire anche il ruolo di altri soggetti della sicurezza nazionale egiziana che risultano in stretti rapporti con i cinque indagati.