Trieste, c'era una volta la città turistica dai cento hotel

Viaggio fra gli alberghi serrati dal coronavirus. Erano 120 e sembravano non bastare ancora. Sono tutti chiusi. Restano in funzione sei piccole strutture per i lavoratori delle ferrovie e per gli operai che costruiscono la nuova terapia intensiva

"Al momento ospitiamo i ragazzi dei treni che lavorano sui cargo perché il trasporto merci è rimasto in funzione, e loro passano qui la notte nei fine settimana, e ospitiamo anche gli operai che stanno realizzando i reparti della terapia intensiva qui negli ospedali di Trieste".

Il nostro viaggio negli alberghi svuotati dal coronavirus, parte da un piccolo albergo ristorante a Opicina, gestito da Jana Ban e dal marito. Al momento attivo solo come hotel, è una delle 6 strutture rimaste aperte a Trieste e provincia su un totale di oltre 120.

Delle dodici stanze, sono occupate solo la metà, tutte da lavoratori, e per il futuro le prenotazioni sono tutte cancellate.

L'ultimo decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri permette l'apertura solo agli alberghi: sono chiuse le strutture extra alberghiere come i b&b e gli appartamenti per gli affitti brevi.

Una prima stima del danno per la categoria, calcolato da Federalberghi Trieste, è di oltre dieci milioni di euro, spiega il presidente provinciale Guerrino Lanci:
"Alcune sono aperte perché hanno persone all'interno che non possono spostarsi in base al presente decreto, similarmente ci sono altre strutture che hanno persone arrivate prima del coronavirus, sono tecnicamente chiuse, ma continuano a dare ospitalità all'interno. Attualmente siamo a livello di servizio per la città, perché non vi è nessuna logica a tenere aperte le nostre strutture, siamo dieci persone al massimo".

Ci sono stati licenziamenti?
"No, noi non abbiamo nessuna intenzione di licenziare personale, abbiamo necessità di mantenere questa forza lavoro. Per noi è impensabile. Alcuni hotel hanno dato disponibilità a ospitare anche gli operatori sanitari"