Si incaglia il progetto ungherese di entrare nel porto di Trieste

Budapest vorrebbe creare nell'area ex Aquila una nuova piattaforma logistica a servizio dei traffici marittimi con il paese magiaro. Ma il problema è la bonifica

Cento milioni per un progetto in alto mare. L'orizzonte è ancora lontano per il governo ungherese che mira a ritagliarsi l'agognato sbocco al mare attraverso l'utilizzo dell'area ex aquila, da parte di Adria Port, braccio operativo del governo magiaro per i traffici marittimi. Un investimento importante per un progetto ambizioso firmato meno di un mese fa, il 17 dicembre 2020, che prevede  la concessione, la messa in sicurezza ambientale e lo sviluppo dell'area di trentadue ettari, ormai degradata, dove dal 1937 sorgeva la raffineria Aquila. Il pacchetto è stimato in circa cento milioni di euro. Si tratterebbe di fatto di un'altra piattaforma logistica su 300 metri di costa, lato sud canale navigabile, al servizio stavolta di un solo mercato. Quello ungherese, che già oggi ha forti legami commerciali con il porto di Trieste, movimentando via ferrovia circa sessantaduemila teu all'anno di container fra molo settimo e Budapest. 

Ma per l'area ex Aquila i tempi sono ancora indefiniti e vaghi. Ostacolo maggiore il fatto che sia sito inquinato di interesse nazionale, e quindi prima di poter essere utilizzata per qualsivoglia attività, debba essere sottoposta a una costosa procedura di bonifica, le cosiddette caratterizzazioni che in passato hanno fatto fare marcia indietro a più di un potenziale interessato, vedi per esempio Teseco, ultimo possessore dello spazio. Stavolta, potrebbe essere lo strumento economico dei recovery fund a facilitare la prodedura. Ma le procedure sono ancora da verificare. 

Intanto, il gruppo ungherese ha chiesto l'acquisizione dell'area al patrimonio regionale, iter di partenza che dovrebbe durare qualche mese. A sdemanializzazione completata, verrà emanato dalla Regione un bando di gara pubblico che si concluderà con l'affidamento dell'area in concessione ad Adria Port. Tempi burocratici, almeno un anno. Solo allora inizierebbero i lavori di messa in sicurezza ambientale, passaggio imprescindibile prima dell'allestimento infrastrutturale dell'area, con i collegamenti ferroviari e il successivo avvio dell'operatività.