"Umberto Saba, sempre più comunista, ma tanto una brava persona"

Le memorie del secolo scorso dell'irredentista triestino Attilio Tamaro raccolte in un libro dallo storico Gianni Scipione Rossi. Sognava una grande Italia che non comprendesse solo l'Istria, ma l'intera Dalmazia

Gli storici lo raccontano come un teorico dell'irredentismo e del nazionalismo dittatoriale, la sua biografia i suoi anni da giornalista e da diplomatico fascista.

Ma sono i diari personali di Attilio Tamaro, quelli raccolti e commentati da Gianni Scipione Rossi, che rimandano la sua figura a tutto tondo, ne mitigano gli spigoli estremisti raccontandone l'amore per la cultura, le afflizioni familiari, i rapporti umani.

Tamaro era un idealista radicato nel suo tempo, era nato alla fine dell'800 - racconta Rossi - era triestino perché istriano, era nato a Pirano. Sognava, da Trieste, la grande Italia, grande da comprendere l'intera Dalmazia.

Attilio Tamaro lascia Trieste prima della grande guerra per arruolarsi nell'esercito italiano e, nel '22 aderisce al partito fascista. "Ma per lui - prosegue Gianni Sicpione Rossi - il fascismo era uno strumento che presto scoprirà fallimentare".

Dal partito, in effetti, venne espulso, ritenendone inaccettabili le leggi razziali. Organizzò la fuga di un ebreo, seguì con preoccupazione le sorti di cognato e il nipote di religione ebraica. 

Settario nei confronti dell'irredentismo e del nazionalismo, non lo fu nei rapporti personali. Conosceva Umberto Saba, lo stimava come poeta e gli scriveva lettere piene di amicizia.

(nel servizio l'intervista all'autore, Gianni Scipione Rossi, giornalista Rai già direttore di Rai Parlamento e Gr Parlamento)