Pane, amore e Don Pasquale

L'opera buffa di Donizetti debutta con un un allestimento dedicato ai miti del cinema italiano del dopoguerra, da Totò a Fellini

Il Don Pasquale di Donizetti è un'opera buffa di metà ottocento che punta - prima di tutto - a divertire il pubblico, senza consentirgli di scollegare completamente il cervello. Un meccanismo simile a quello che, un secolo dopo, voleva innescare la commedia all'italiana. È il ragionamento alla base dell'allestimento in scena al Verdi di Trieste: che è una vera festa di citazioni cinematografiche, da Fellini in giù. Gianni Marras, che firma la regia vede in Don Pasquale e nel dottor Malatesta - che nell'opera sono i due vecchi, destinati alla beffa finale - gli antesignani di Totò e Peppino. Ernesto, invece, il giovane amante, destinato alla fine a coronare il suo sogno, è un Little Tony biondo, che prende il microfono per intonare quella che è - per distacco - l'aria più famosa della partitura.

Nei panni e nella parrucca di questo urlatore dalla voce gentile, uno specialista di questo repertorio, come Antonino Siragusa. Nel ruolo di Norina, e ad inforcare la vespa che fu di Audrey Hepburn in Vacanze Romane, c'è invece Nina Muho. I due vecchi beffati sono Pablo Ruiz e Vincenzo Nizzardo.

A dirigere l'orchestra e il coro del verdi, c'è Roberto Gianola. In scena, dei miti anni cinquanta e sessanta, non manca quasi niente, compresa la corsa spaziale e l'avvento della televisione. Così come non può mancare, di quegli anni spensierati, il lieto fine, sottolineato da una dissolvenza al nero che più rétro non si potrebbe. Le repliche del Don Pasquale di Donizetti, al Verdi di Trieste, andranno avanti fino al 9 di aprile.