Processo Tirreno Power, le conclusioni delle parti civili

"Una tela di Penelope di autorizzazioni per 6 anni, sfruttati ritardi amministrativi per inquinare"

Processo Tirreno Power, le conclusioni delle parti civili
Lcc
Vado Ligure, la centrale di Tirreno Power

Al processo Tirreno Power è il giorno delle conclusioni degli avvocati di parte civile che si associano alla richiesta dell'accusa di riconoscere il disastro ambientale colposo per l'inquinamento provocato, in particolare nei primi anni duemila, dalla centrale a carbone di Vado Ligure. Il pubblico ministero Elisa Milocco, al termine di una requisitoria di 6 ore, ha chiesto la condanna a tre anni e mezzo per 24 imputati su 25, per un totale di oltre 86 anni di carcere.

 

Per le parti civili hanno preso la parola l'avvocato Marco Casellato, che difende il Wwf. Tornando sulle accuse nei confronti degli ex dirigenti della centrale imputati, ha sostenuto che non basta essersi attenuti ai limiti imposti dalle autorizzazioni ricevute. Gli imputati, si è rifatto al concetto di “agente modello”, avrebbero dovuto fare il massimo, utilizzando le migliori tecniche disponibili, per ridurre gli effetti inquinanti.

 

Poi il turno dell'avvocato Matteo Ceruti che rappresenta il comitato Uniti per la salute, il gruppo di cittadini di Vado Ligure, Valleggia e Quiliano che oltre 15 anni fa hanno presentato le prime denunce, facendo partire le indagini poi culminate nel 2014 con il sequestro di due gruppi a carbone. Ceruti ha ricordato le violazioni degli obblighi informativi da parte dei dirigenti della centrale nei confronti delle amministrazioni. “Una tela di Penelope di autorizzazioni dal 2007 al 2013 – ha detto - ha consentito la continuazione del funzionamento dei gruppi a carbone con valori molto lontani dalle migliori tecnologie disponibili sfruttando i ritardi amministrativi” sfruttando il progetto della caldaia di nuova generazione Vl6 come “specchietto per le allodole” senza aver accantonato a bilancio le somme necessarie per realizzare davvero quel progetto.

 

Per le parti civili, poi, sono da considerare fondati gli studi epidemiologici e ambientali presentati da diversi esperti e consulenti nel corso del processo. Studi legati sia alla diffusione dei licheni, che permettono di misurare la qualità dell'aria, perché vittime del biossido di zolfo, ma anche agli aspetti sanitari, coma la diffusione dei tumori. Uno in particolare, del Cnr di Pisa che fotografava un aumento della mortalità molto superiore nell'area, oltre il 40% in più.

 

Ma le difese contestano questi studi e negano vi sia una correlazione tra questo dato e l'inquinamento prodotto dalla centrale, citando il lavoro dell'Osservatorio di Regione Liguria che ha escluso una situazione sanitaria peggio nella zona delle centrale in confronto ad altre aree.