Carcere Marassi, sovraffollamento oltre la media nazionale

La visita di "Nessuno tocchi Caino", che è stata anche nelle carceri di Chiavari e Pontedecimo: "Quest'ultimo sarebbe da rottamare", dice il segretario Sergio D'Elia

È durata più di quattro ore,  la visita degli attivisti dell'associazione "Nessuno tocchi Caino", insieme a rappresentanti della Camera penale e consiglieri regionali e comunali. Hanno visto in prima persona le criticità del carcere di Marassi. “Il sovraffollamento è un po' più pesante, rispetto alla media nazionale, che è del 120%. Qui siamo sul 130%”, spiega Sergio D'Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino.


A fronte di 530 posti previsti a Marassi, 713 detenuti. Poco più della metà, 366, sono stranieri. Uno su due ha problemi di dipendenza da sostanze. Il sovraffollamento non è dannoso solo per i carcerati, ma anche per la polizia penitenziaria. "Significa - dice D'Elia - fare meno trattamenti a favore di un processo di riabilitazione e di reinserimento sociale e turni di lavoro massacranti". Ciò accade anche per la carenza di organico: a Marassi gli agenti dovrebbero essere 381, in realtà sono 343. Di questi, 45 poliziotti vengono distaccati per trasferimenti o piantonamenti.

Prima di quello di Marassi, la commissione ha visitato anche i penitenziari di Chiavari e Pontedecimo. Molto dure le parole di D'Elia su quest'ultimo: "È umido, infiltrato di acqua. Nonostante sia molto più recente di quello di Marassi, è una struttura che andrebbe rottamata. Se fosse un condominio di un quartiere normale di una città, interverrebbe l'autorità competente per chiuderla".
E sul carcere di Chiavari: “L'unico che conosco in Italia dove i detenuti non possono comprare la pasta, perché non possono cucinare da soli. In cella non hanno i fornelli, per ragioni di sicurezza, e questo è giusto: hanno la piastra elettrica. Ma non hanno le pentole per far bollire la pasta”.

Sulle case circondariali restano purtroppo sempre attuali le parole pronunciate nel 1949 da Piero Calamandrei, avvocato, giurista e deputato dell'Assemblea Costituente, conclude D'Elia: “Bisogna aver visto, è importante vedere, conoscere la realtà. I rapporti che facciamo dopo le visite che vanno sul tavolo del capo del Dap servono anche a questo: li annota, li sottolinea, laddove può interviene”.