Spino d'Adda

Oro dagli smartphone: una miniera tra i capannoni

A Spino d'Adda un impianto innovativo ricava dieci tonnellate di metalli preziosi dai telefoni. L'anno prossimo un impianto a Treviglio sarà dieci volte più grande

Nella zona industriale di Spino d'Adda, Cremona, tra i capannoni si mimetizza una miniera di oro, argento, platino e palladio. Nessun escavatore né arsenico nei fiumi. I metalli preziosi si ricavano dagli smartphone. Arrivano a centinaia di migliaia, molti dall'Africa, dove hanno avuto una seconda vita dopo essere stati buttati dai consumatori occidentali. 

Ad Alberto Tosoni,  ad Ecomet Refining, classe 1985, l'idea viene durante gli anni di studi a Ingegneria meccanica. Ma il rapporto con l'oro è di famiglia: il bisnonno era un cercatore d'oro in Ticino. Il nonno e il padre avevano un'attività artigianale di recupero di metalli preziosi da scarti orafi, in Ticino e a Milano. 

Entriamo nell'impianto: la prima fase è la triturazione. Dei telefoni e delle altre materie prime: batterie da orologi, schede di centraline telefoniche, scarti di lavorazioni orafe. Entrano in un forno, invenzione della società cremonese. La plastica, spiega il responsabile dell'impianto, Fabiano Mastromatteo, viene usata come combustibile. A differenza di altri processi che inceneriscono le schede elettroniche, si usa pochissimo metano e ossigeno, con un vantaggio di costo. 

Il forno raggiunge i 1.500 gradi. Dalla colata si ottiene un composto nero. I passaggi successivi sono la lasciviazione, con la quale si separa il rame, che diventa liquido, dai metalli preziosi, che rimangono solidi. Si ottengono dei panetti grigi, impossibile immaginare che contengano oro e palladio. E' il momento della raffinazione vera e propria, in recipienti rotanti e, infine, in laboratorio.

Il risultato finale si vede nella cassaforte: semilavorati e prodotti pure: oro, argento, platino, rodio, iridio, rutenio. E palladio, che ha raggiunto quotazioni altissime per la forte domanda per i catalizzatori delle auto. 

Non si recuperano, invece, le famose terre rare, prodotte per il 98% in Cina. Tecnicamente è possibile, ma il valore relativamente basso non ne permette ancora la sostenibilità economica.

L'inquinamento delle miniere sembra lontano. «Ci sta a cuore misurare l'impatto - dice Tosoni -. Tutto è tassativamente sotto i limiti dell'Unione europea. Abbiamo filtri, neutralizzatori, abbattitori di polveri».

Ora la società tratta tra le mille e le 1.500 tonnellate di rifiuti all'anno, producendo circa 10 tonnellate di metalli preziosi. Nel 2023 è prevista una nuova fabbrica a Treviglio, Bergamo, che produrrà dieci volte i volumi attuali, con circa 18.000 tonnellate di rifiuti trattati.