Dalla Cassa del Mezzogiorno ad oggi, l'anno delle file

La storia della Bifernina, arteria di collegamento tra il capoluogo di regione ed il mare

75 km. Una lingua d'asfalto che unisce Termoli a Bojano. Negli stradari è citata come strada statale 647 ma i molisani e i vacanzieri la conoscono col nome di Bifernina. Una corsia per senso di marcia.  I pendolari che la percorrono ogni giorno conoscono a memoria ogni sua curva e ogni suo dosso. Hanno imparato a benedire i rari punti in cui è consentito superare le altre macchine e a maledire la colpevole disinvoltura di chi azzarda il sorpasso anche in presenza della doppia striscia. Proprio perché la conoscono a menadito, i molisani non smettono di stupirsi per la pericolosità di un arteria  meritevole di ben altra cura. La BIfernina, nela sua veste attuale, è stata costruita grazie ai fondi della Cassa del mezzogiorno. La realizzazione del tratto più ambizioso, il viadotto del Liscione, risale  agli inizi degli anni 70. Nel 1989, arriva la classificazione attuale di strada statale. Negli anni la Bifernina è stata teatro di innumerevoli incidenti mortali. E di infinite polemiche. Periodicamente associata a progetti di raddoppio delle corsie che, finora, non hanno mai visto la luce. Nel frattempo, il tempo e l'usura hanno fatto il loro corso. Nel 1996, all'altezza del chilometro 26, un'alluvione distrusse 2 ponti, ricostruiti nei 7 anni successivi. Nel 2018, il viadotto del Liscione venne chiuso dopo le scosse i terremoto e poi riaperto, con limite di velocità - tuttora in vigore - fissato a 50 Km all'ora. L'estate 2020 sarà ricordata per le code chilometriche causate dai semafori per consentire la manutenzione del viadotto.