Scorie nucleari. Trino Vercellese si candida, ma la Regione non le vuole

Dopo l'autocandidatura del sindaco del comune nel vercellese a ospitare il deposito nazionale di scorie nucleari, interviene il governatore Cirio: "Il Piemonte ha già fatto la sua parte". Contro il deposito cittadini e associazioni ambientaliste

E' l’unico sindaco in tutta Italia ad avere dato la disponibilità per ospitare il deposito nazionale di scorie nucleari. E' Daniele Pane, primo cittadino di Trino Vercellese.

Il governo ha infatti dato la possibilità ai comuni di autocandidarsi, una decisione che sconfessa il lungo lavoro di selezione delle aree idonee fatto finora dalla Sogin, l’azienda creata dallo Stato proprio per gestire lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari. L’obiettivo è risolvere l’attuale stallo causato dal fatto che tutti i comuni individuati finora si oppongono alla costruzione del deposito. Tranne Pane appunto, sindaco al secondo mandato, eletto nelle fila di Fratelli di Italia. 

Ma le scorie aprono una spaccatura anche nel centrodestra. Il primo a mettere il veto è il presidente della Regione Alberto Cirio: “Il Piemonte, e in particolare la provincia di Vercelli, la loro parte l'hanno già fatta. Non pensiamo quindi che si possa ipotizzare un nuovo deposito nella nostra regione” ha detto. Un veto ribadito anche dal presidente di provincia, Davide Gilardino, anche lui del centrodestra.

Finora però, dei 67 siti individuati da Sogin, non si è fatto avanti nessuno. Da 30 anni si parla del deposito nazionale e non si è nemmeno riusciti a trovare un’area dove costruirlo. Ma intanto a Trino ci sono i depositi temporanei, che andrebbero messi in sicurezza. Vengono stoccate scorie nucleari della vecchia centrale nucleare Enrico Fermi costruita tra il 1961 e il 1964, l’anno in cui entrò in funzione. Poi spenta nel 1986. A tal proposito il sindaco Pane chiede di “rivalutare le aree come la nostra che già oggi ospitano la quasi totalità dei rifiuti radioattivi”. Pane dice che finora le scorie non sono state trattate in un contesto sicuro e per questo serve una soluzione definitiva come il deposito nazionale.

Il progetto prevede che il nuovo deposito custodirà 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui 17mila metri cubi “a media e alta attività” e 78mila metri cubi “a molto bassa e bassa attività”. Circa 50mila metri cubi derivano dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, 28mila metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria.