#RIVOLUZIONESANITA'

Dove l'ospedale diventa comunità. L'esempio della Valchiusella

Non solo grandi ospedali. Siamo alla vigilia di una rivoluzione anche per la sanità territoriale. Cardine le nuove case di comunità, in costruzione a decine in tutto il Piemonte. Noi siamo andati in Valchiusella a vederne una già in funzione

Vistrorio, 500 abitanti all'imbocco della Val Chiusella in provincia di Torino. Qui da poco più di un anno ha aperto una casa di comunità. Medici di base, infermieri di famiglia, ostetriche, psicologi, assistenti sociali, prelievi. Tutto in un'unica struttura. Diventata in breve tempo il punto di riferimento dell'intera valle per l'accesso a prevenzione e cure non urgenti.

Un'idea che ha precorso i tempi, realizzata e concepita prima ancora che il ridisegno della sanità territoriale prendesse forma, e sostanza economica, nel PNRR.

Il modello è quello della presa in carico proattiva. Tramite una rete di presidi di prossimità. Case definite Spoke come questa, adatte per seguire da vicino le piccole realtà. Insieme a case di comunità più grandi, dette hub, una ogni 50mila abitanti, che ingloberanno anche l'ex guardia medica, oggi continuità assistenziale, e dunque sempre aperte. Per non lasciare più indietro nessuno.

Un approccio che a Vistrorio si è dimostrato attrattivo anche per il personale, proveniente per l'ASL principalmente dall'eporediese. Sono tre i medici di base che fanno capo alla struttura. Inclusa pure nei tirocini residenziali dei futuri infermieri che studiano nella sede di Ivrea  dell'Università di Torino.

Far innamorare le nuove leve del ruolo e dei luoghi potrebbe rivelarsi strategico anche altrove. Di professionisti infatti ce ne vorranno parecchi per riempire le nuove strutture di sanità territoriale che stanno nascendo in tutta la regione. Centrali operative COT, ospedali di comunità, oltre appunto alle case di comunità. 91 solo quest'ultime, la maggior parte finanziate con 122 milioni di euro del PNRR. 23 di queste sono case della salute facilmente convertibili. Sul totale poco più della metà sono ancora in progettazione, le altre già in cantiere o prossime all'avvio lavori. Nessun ritardo, ha certificato la Fondazione GIMBE a livello nazionale. Obiettivo completare l'intera rete entro il 2026.