Sono 45 gli indagati

Violenze in carcere a Ivrea, le verità del detenuto Massimiliano Solla

L'inchiesta nata anche da anni di denunce e di memoriali presentati dall'uomo, ora nella struttura penitenziaria di Biella. Dove le minacce, secondo la madre, starebbero però continuando a opera di altri detenuti

Gli avrebbero negato tutto, anche quello che gli spettava di diritto. Gli avrebbero impedito di lavorare, togliendogli gli strumenti da intarsiatore donati da un'associazione. Non gli avrebbero fatto pervenire i pacchi alimentari che la famiglia gli mandava, anche se il loro contenuto era secondo le regole. Massimiliano Solla, detenuto per truffa e altri reati, ha presentato varie denunce e scritto una memoria per documentare le violenze che avrebbe subito nel carcere di Ivrea. Nel suo caso soprattutto psicologiche. Ad altri carcerati sarebbe andata molto peggio, con botte e manganellate che avrebbero causato lividi e fratture. Violenze ripetute negli anni, per cui la Procura eporediese ha aperto un'indagine con 45 indagati tra agenti penitenziari, medici, funzionari con ruoli giuridico-pedagogici e direttori pro tempore. Secondo le indagini, c'era chi pestava e chi copriva. 

La testimonianza della madre

La madre di Massimiliano Solla, Silvana Saldini, raggiunta al telefono, si dice sollevata che le denunce del figlio abbiano avuto seguito. Racconta che la procuratrice Gabriella Viglione lo ha ascoltato più volte. Ora lui si trova nel carcere di Biella ma secondo la madre non è al sicuro nemmeno lì: suo figlio sarebbe stato minacciato da alcuni detenuti alla presenza di alcuni agenti penitenziari che non avrebbero reagito. Secondo la madre potrebbe essere un avvertimento. I sindacati di Polizia penitenziaria si affidano al lavoro della magistratura, chiedono di attendere il giudizio definitivo e di non criminalizzare un intero corpo di Polizia dello Stato il cui lavoro è essenziale per la sicurezza della collettività.