L'intervista

Rinaudo: "Inchiesta Juve, non chiamatela ingiustizia"

Il giudice federale della Figc spiega i principi applicati dalla Corte che ha penalizzato i bianconeri di 15 punti: "C'è troppo complottismo in giro"

"I giudici federali della giustizia sportiva, come tutti gli altri magistrati, hanno un codice, un principio deontologico e sicuramente nessuno va a violare questo principio". Non vuole sentire parlare di "sentenza pilotata"  Antonio Rinaudo. Il magistrato, che a Torino è ricordato per le inchieste sui No Tav e sui tragici fatti di piazza San Carlo, sa di cosa parla: è uno dei giudici della Figc. Non fa parte della Corte che ha deciso la penalizzazione di 15 punti per la Juve, ma prova a spiegare le basi da cui è mossa la giustizia sportiva. "E' stato applicato il principio della revocazione del processo sulla base di nuovi elementi che sono stati acquisiti - spiega - che poi sostanzialmente in parole povere il materiale che è stato trasmesso dalla procura della Repubblica ordinaria alla procura federale". 

A colpire poi sono stati i tempi con cui la Juve è stata condannata, ben diversi da quelli della giustizia ordinaria. "Una volta che si  è stabilito che si poteva riaprire c'è subito la fase successiva, immediata. Ora a taluni può apparire strano ma uno dei tanti principi della giustizia sportiva è la celerità". Una velocità che ha sconvolto tutto il mondo del calcio, non solo i tifosi bianconeri. Ma Rinaudo invita quest'ultimi a non lasciarsi andare al complottismo: "Si dice: si colpisce la Juventus perché ha vinto nove campionati di seguito e perché stava recuperando e allora. Questo è purtroppo il tifoso non ha una motivazione razionale ma una valutazione passionale".

Legittimo, ci mancherebbe. Come "più che legittimo", secondo il giudice federale Rinaudo, è il ricorso della Juve per una sentenza che ha delle conseguenze evidenti non solo nella classifica ma anche nelle casse della società. 


servizio di Davide Lessi
montaggio di Paolo Monchieri