Ultima tappa della visita

Il Presidente a Boves

Il capo dello Stato ha reso omaggio al Monumento ai Caduti, poi il rientro a Roma

Centinaia di persone radunate in piazza Italia a Boves, nel cuneese, per il  presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si tratta dell'ultima tappa dell'itinerario del capo dello Stato in Piemonte per le celebrazioni del 25 aprile, dopo Cuneo e Borgo San Dalmazzo. Qui Mattarella ha reso omaggio al Monumento ai caduti e dispersi di guerra, poi ha visitato la chiesa e l'auditorium. In serata il rientro a Roma. Boves è stato teatro della prima rappresaglia dei nazisti contro la popolazione civile, ed è stato insignito delle due onorificenze più alte: Medaglia d'oro al valor militare e Medaglia d'oro al valor civile.

La storia dell'eccidio

La prima strage dei nazisti in Italia ha la data del 19 settembre 1943. Viene compiuta a Boves, in provincia di Cuneo, dove si era formata una delle prime unità partigiane. Ed è un massacro di civili innocenti, con un tragico seguito a qualche mese di distanza.    Quel giorno, una domenica, un gruppo di partigiani sceso in paese per prendere un po' di provviste  si imbatte in due soldati tedeschi della divisione SS Leibstandarte "Adolf Hitler"e li fa prigionieri. Sono gli uomini di Ignazio Vian, uno degli ufficiali che dopo l'armistizio dell'8 settembre decisero di combattere contro i tedeschi, rifugiandosi sulle montagne. Le SS al comando di Theodor Wisch e di Joachim Peiper, occupano Boves. Vogliono la restituzione dei prigionieri e per questo convocano le autorità del paese. Troveranno solo il parroco don Giuseppe Bernardi e un imprenditore Antonio Vassallo: li costringono a salire sulle montagne per trattare con i partigiani, avvertendoli che se non porteranno indietro i due tedeschi il paese sarà bruciato. 

Don Bernardi chiede inutilmente ai suoi interlocutori di mettere per iscritto l'impegno di risparmiare la città in cambio del rilascio dei due soldati. Peiper reagisce indignato alla richiesta che mette in discussione la parola data da un ufficiale tedesco. Parola che invece sarà del tutto rimangiata. Parroco e imprenditore raggiungono i partigiani che dopo una lunga discussione accettano: affidano loro gli ostaggi restituendo anche gli equipaggiamenti e l'auto su cui li avevano sorpresi. Ma l'impegno delle SS non viene rispettato.  E così comincia la strage. L'intero paese- nel quale è rimasto in quei giorni solo chi non è in condizioni di fuggire, anziani, invalidi, donne e bambini- viene incendiato. I civili uccisi sono 23. Al parroco e all'industriale tocca una morte atroce: sono bruciati vivi. Tra le vittime c'è anche il vice parroco don Mario Ghibaudo: ha solo 23 anni e viene ucciso mentre sta dando la benedizione a un moribondo. Per le strade solo macerie: 350 case vengono distrutte. 

Per Boves la ferocia nazista non si fermerà a quella strage. Nell'inverno successivo avviene un secondo eccidio: durante un rastrellamento per debellare i partigiani, tra il 31 dicembre1943 e il 3 gennaio 1944, il paese viene di nuovo bruciato e si contano 59 vittime fra i civili e i partigiani.    Il 26 aprile 1945, a liberazione ormai avvenuta, si verifica l'ultima delle rappresaglie: i tedeschi in ritirata fucilano nove bovesani. Per il numero delle vittime e le distruzioni subite, Boves è stata insignita prima della medaglia d' oro al valor civile (nel1961), poi della medaglia d' oro al valor militare (nel 1963). I due sacerdoti sono stati proclamati beati.