Una nuova legge vieta in Italia produzione e vendita di carne colturale

Carne coltivata? La ricerca può continuare, le sue applicazioni no. Finanziamenti a rischio

I timori dei ricercatori di Trento che coltivano carne in laboratorio, applicando al settore alimentare quegli stessi studi sulle cellule staminali già promettenti per la medicina rigenerativa. Le cellule animali prelevate con una biopsia

Stefano Biressi, Luciano Conti e una manciata di dottorandi dell'Università di Trento. Sono loro i ricercatori che in Italia stanno sperimentando la realizzazione di carne a partire da cellule staminali animali. Coltivandola, come si fa coi germogli. Ma il divieto di produrla e venderla sancito in Italia ora fa calare un muro sul loro laboratorio di biologia cellulare: la ricerca può continuare, la sua applicazione no. Eppure la tecnologia che studiano è la stessa che è alla base della medicina rigenerativa, che già ci promette di riparare un cuore o ricreare interi tessuti muscolari. Solo che il loro obiettivo è ricreare i tessuti che mangiamo: la carne. Senza il sacrificio di animali, né l'impatto ambientale collegato agli allevamenti intensivi. 

Le cellule prelevate in biopsia e coltivate in bioreattori maturano in fibre, grasso, vasi sanguigni. Cellule simili a quelle della carne tradizionale, più controllate sotto il profilo alimentare per quanto riguarda ad esempio ossidazione e grassi. Eventuali rischi di cancerogenità sarebbero gli stessi della carne tradizionale. Le carni rosse in particolare, che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha già inserito nel 2015 tra le sostanze probabilmente cancerogene. Rischio già definito evidente dall'OMS per gli insaccati. 

La ricerca nei laboratori italiani può continuare. Ma il timore degli scienziati è che, dato il divieto di produzione e vendita, sfumino i finanziamenti. Che è come sfilare, a chi studia, la terra sotto i piedi. 


L'intervista a Stefano Biressi - dipartimento Biologia cellulare Università Trento

Montaggio: Enrica Politano