IL CASO

Esorcismo mortale in Canavese. L'esperto: "Rito diverso da quello costato la vita al 43enne"

Per la vicenda sono finiti in manette in tre. Nicolotti (Università di Torino): "L'Islam non prevede pratiche violente in questi casi"

Nemmeno la morte del nipote avrebbe fermato gli esorcismi di Abdelrhani Lakhrouti. Parenti e fedeli continuavano a rivolgersi a lui anche dopo il 10 febbrai, quando al termine di un esorcismo finito male è morto suo nipote Khalid. Questo uno dei motivi che ha convinto la giudice per le indagini preliminari Marianna Tiseo a disporre la custodia cautelare in carcere per l'imam di Cuorgnè.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri di Ivrea il 43enne, morto per soffocamento nella sua casa di Salassa, sarebbe stato sottoposto al rito dell'esorcismo almeno tre volte per liberarlo dal diavolo che aveva dentro di sé. “Nell'Islam come nel Cristianesimo esiste la credenza che alcuni demoni che si chiamano Shayṭān, possano entrare e possedere il corpo di una persona, per cui esiste un rituale esorcistico per scacciare le possessioni” racconta il professor Andrea Nicolotti, presidente del corso di laurea in Scienze delle Religioni all'Università di Torino ed esperto di esorcismi. Nell'Islam la pratica è codificata: “Tutto avviene attraverso la recitazione di alcuni versetti coranici, in particolare il Versetto del Trono, l'imposizione della mano sulla fronte dell'indemoniato - aggiunge Nicolotti - Si usa acqua benedetta, di solito acqua benedetta della fonte Zemzem a La Mecca”. 

L'islam prevede un rito un po' diverso da quello che ha portato alla morte del 43enne chiarisce l'esperto: “Naturlamente non si prevede il soffocamento della vittima, purtroppo questi rituali vengono applicati su chi ha problemi psichiatrici o di epilessia, anziché mandarli dal medico”. A indirizzare gli investigatori verso l'ipotesi dell'omicidio sono stati un bottone trovato nella gola della vittima, proveniente da uno dei vestiti che gli erano stati posti sulla bocca, e una telefonata al numero d'emergenza del 23 gennaio. Khalid chiedendo aiuto aveva detto "Se mi succede qualcosa è stato mio fratello".

Né sua moglie Sara, ora ai domiciliari, né il fratello, Nourddine, cui proprio lo zio avrebbe suggerito di scappare, né l'imam hanno finora risposto alle domande dei magistrati, ma quest'ultimo nei prossimi giorni presentarsi davanti ai pm per chiarire la sua posizione.

 

Interviste a: 

  • Andrea Nicolotti, presidente corso di laurea in Scienza delle Religioni - Unito
  • Alessandro Dimauro, avvocato Abdelrhani Lakhrouti