Crac Ferri: reati prescritti. La Cassazione annulla le condanne

Assolti dopo 16 anni gli imprenditori coratini del "no food" falliti nel 2002, 400 negozi in Italia e 3000 dipendenti. Pm e gip dell'indagine Savasta e Nardi, ora indagati

Crac Ferri: reati prescritti. La Cassazione annulla le condanne
Tgr
 La Cassazione ha annullato per prescrizione dei reati (senza rinvio), la sentenza con la quale nell'ottobre 2017 la Corte di Appello di Bari aveva condannato per bancarotta fraudolenta e documentale i presunti responsabili del crac da 70 milioni di euro del gruppo Ferri di Corato, il colosso del 'no food' fallito nel 2003 con 400 negozi in tutta Italia e tremila dipendenti. Nel processo erano imputati i fratelli Riccardo, Antonio, Francesco e Filippo Ferri, e Fabio Melcarne, il manager che venne chiamato a fine 2002 dalla famiglia per salvare la società dal fallimento attraverso il fitto di un ramo d'azienda. I cinque imputati erano stati condannati dai giudici baresi a pene comprese tra i 5 anni e 4 mesi, e i 4 anni di reclusione. L'indagine sul crac fu coordinata dall'allora pm di Trani Antonio Savasta che, nel dicembre 2013, chiese e ottenne dal gip Michele Nardi (entrambi ora indagati per presunte tangenti in cambio di procedimenti penali favorevoli) il sequestro di tutti i beni della famiglia Ferri, sala ricevimento, palazzi, terreni, conti economici, veicoli; l'arresto di Riccardo Ferri, e le misure dell'obbligo di dimora e del divieto di esercitare cariche di amministrazione e rappresentanza legale di società nei confronti degli altri fratelli Antonio, Francesco e Filippo Ferri. "L'iniziativa della magistratura tranese, su cui sono in corso approfondimenti da parte della Procura di Lecce, che indaga nei confronti di Savasta e Nardi - dice l'avvocato Massimo Roberto Chiusolo, che fa parte del collegio difensivo - determinò il tracollo del gruppo Ferri, atteso pure come agli imprenditori coratini fu negata ogni possibilità di salvataggio aziendale". Oggi, a distanza di 16 anni, i giudici della Suprema Corte hanno accolto il motivo di ricorso con cui il collegio di difesa, composto dagli avvocati Massimo Roberto Chiusolo, Giuseppe Iacobellis, Lodovico Mangiarotti, Enrico Martucci, Francesco Mascoli, Michele Pasculli e Ruggiero Sfrecola, aveva sollecitato il riconoscimento dell'intervenuta prescrizione dei reati.