Attesa per la sentenza del processo "Ambiente svenduto" a Taranto

Lunedì 30 maggio alle 10 la presidente della Corte, Stefania D'Errico, leggerà il dispositivo della sentenza. Il processo ha 47 imputati, 44 persone fisiche e tre società

Attesa per la sentenza del processo "Ambiente svenduto" a Taranto
TGRPuglia
A cinque anni dall'avvio (prima udienza 17 maggio 2016) il processo in Corte d'Assise a Taranto "Ambiente Svenduto" relativo al disastro ambientale imputato all'Ilva sotto la gestione del gruppo industriale Riva è giunto a conclusione. I quattro pm del processo (Mariano Buccoliero, Remo Epifani, Raffaele Graziano e Giovanna Cannalire) hanno chiesto condanne per circa 400 anni complessivi. Le richieste risarcitorie ammontano a circa 30 miliardi di euro. Le maggiori richieste di condanna riguardano Fabio Riva, ex proprietario ed ex amministratore Ilva, Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento di Taranto, Girolamo Archinà, ex consulente dei Riva per i rapporti istituzionali. Per ciascuno di loro, l'accusa ha chiesto 28 anni di reclusione. Per Nicola Riva, fratello di Fabio, anch'egli ex proprietario ed amministratore Ilva, sono stati invece chiesti 25 anni. Per reati ambientali, sono inoltre imputati i dirigenti Ilva Marco Andelmi, Angelo Cavallo, Ivan di Maggio, Salvatore De Felice, Salvatore D'Alò, l'ex presidente Ilva, Bruno Ferrante (escluso relativamente ai capi di bestiame), e l'ex direttore del siderurgico di Taranto e attuale direttore generale di Acciaierie d'Italia, Adolfo Buffo. Le pene richieste sono di 20 anni per Buffo (che risponde anche di due incidenti mortali sul lavoro); 7 anni per Perli (che risponde insieme all'ex governatore di Puglia, Nichi Vendola, di pressioni sui vertici Arpa Puglia perché ammorbidissero le loro relazioni sull'inquinamento Ilva) e di 17 anni a testa per Ferrante, Andelmi, Cavallo, Di Maggio, De Felice, D'Alò. Venti anni di reclusione sono stati invece chiesti per Legnani, Ceriani, Rebaioli, Pastorino, Bessone (tutti "fiduciari" di Riva). Diciassette anni per l'ex consulente della Procura, Lorenzo Liberti, accusato di aver intascato da Ilva, tramite Archinà, una tangente da 10mila euro per falsificare una relazione tecnica e non consentire così alla Procura di operare. Cinque anni sono stati poi chiesti per l'ex presidente della Puglia, Vendola, per la vicenda relativa alle pressioni su Arpa Puglia, e 4 anni per l'ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, per pressioni ritenute analoghe ma sulla struttura dell'ente Provincia relativamente ad alcune autorizzazioni ambientali per Ilva. Infine la richiesta di non doversi procedere, per intervenuta prescrizione,  per l'ex sindaco di Taranto, Ezio Stefano (segnalò alla Procura i danni dell'inquinamento Ilva ma non agì con provvedimenti), e per l'ex dirigente degli altiforni, nel frattempo tornato a Taranto dove da un mese e' direttore dello stabilimento per Acciaierie d'Italia, Vincenzo Distromatteo (omesse cautele sui rischi industriali).