Bari

10 anni dopo la morte di Paola Labriola, al sit-in assenti le istituzioni

Ricordata la psichiatra uccisa il 4 settembre 2013 da un paziente nel centro di salute mentale dove lavorava. Presenti colleghi e amici, non i vertici di Regione e Asl. Il marito: "Una ferita il fatto che il centro sia ancora chiuso"

Parole commosse, frasi di ricordo sui un cartellone e la presenza di tanti amici e colleghi davanti a quello che era il suo studio nel centro di salute mentale in via Tenente Casale, nel quartiere Libertà di Bari. Il sit-in dedicato alla psichiatra barese Paola Labriola, dieci anni esatti dopo la sua uccisione a coltellate da parte di un paziente proprio nel luogo in cui lavorava, ha il valore di una testimonianza e insieme di un monito.

“Tutti i centri di salute mentale ora hanno un vigilantes, quindi la sicurezza è coperta”, avverte Vito Calabrese, marito di Paola Labriola, "però la sicurezza viene garantita anche con un'adeguata presenza degli operatori nei centri e gli operatori sono pochi".

Molto ancora resta da fare. Se la Federazione nazionale dell'Ordine dei Medici lamenta la mancanza di un osservatorio regionale che monitori e prevenga le aggressioni, i colleghi della Labriola mostrano i rischi quotidiani cui vanno incontro nella loro professione. Rischi per contrastare i quali servirebbero adeguati sistemi di sicurezza, un lavoro d'équipe e anche dei protocolli specifici.

Al sit-in assenti il governatore Emiliano e i vertici dell'Asl. Una nota dolente cui si aggiunge a un'altra sconfitta, cioè il fatto che il centro di salute mentale non sia stato ancora riaperto. Anche se l'Asl Bari fa sapere che un centro analogo dovrebbe essere aperto in via Lopez, sempre nel quartiere Libertà. 

 

Nel servizio le voci di:

  • Ilaria Arbore, figlia di Paola Labriola
  • Vito Calabrese, marito di Paola Labriola
  • Giuseppina Labellarte, psichiatra