Una fotografia impietosa sulle condizioni della sanità in Sardegna nell'ultimo quindicennio . Lo certifica la Fondazione Gimbe in un rapporto sull'"autonomia differenziata in sanità". L'obiettivo dello studio: analizzare anche il potenziale impatto sul sistema sanitario del Ddl Calderoli e delle maggiori autonomie richieste dalle Regioni in materia di tutela della salute.
Dall'analisi degli adempimenti dei livelli essenziali di assistenza - le prestazioni sanitarie che la Regione deve garantire ai cittadini gratuitamente o attraverso un ticket - emerge che nel decennio 2010-2019 la percentuale cumulativa totale è stata del 56,3%, contro una media italiana del 75,7%. Inoltre, nel 2020 il punteggio totale degli adempimenti dell'Isola ai Lea è stato di 179 (punteggio max 300): la Sardegna è risultata in 15/a posizione tra le regioni e province autonome. Nel 2021 ha fatto anche peggio con un punteggio di 169,7 posizionandosi al 19/o posto.
Oltre alla carenza di medici, mancano anche gli infermieri: in Sardegna ce ne sono 4,82 ogni mille abitanti, sotto la media nazionale pari a 5,06. Per raggiungere gli obiettivi della Missione Salute del Pnrr e in particolare il target 2026 di assistere almeno il 10% della popolazione over 65 in Assistenza domiciliare integrata la Regione dovrebbe aumentare i pazienti assistiti del 233%. Non solo, dall'analisi della mobilità sanitaria nel periodo 2010-2021 emerge che l'Isola ha accumulato complessivamente un saldo negativo pari a -864.970.904 euro. Ossia, molti sardi hanno deciso di curarsi fuori dalla regione, che oggi sembra meno la terra dei centenari: "nel 2022 l'aspettativa di vita alla nascita è pari a 82 anni mentre la media italiane è di 82,6 anni", fa sapere la Fondazione Gimbe che mostra la Sardegna quintultima nel Paese.