Processo depistaggio, parla Genchi: "Il capo della Mobile La Barbera agiva su direttive romane"

Gli anni del dopo stragi, le manipolazioni alle armi sequestrate all'allora pentito Totuccio Contorno, il clima nella squadra mobile diretta da Arnaldo La Barbera

Processo depistaggio, parla Genchi: "Il capo della Mobile La Barbera agiva su direttive romane"
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gioacchino genchi

"La strategia di La Barbera era vestire il 'pupo', a Roma non vogliono che si volevano si andasse oltre": lo ha detto l'ex poliziotto Gioacchino Genchi al processo depistaggio su via D'Amelio davanti alla Corte d'Appello di Caltanissetta a carico di tre ex agenti della Squadra mobile di Palermo. “La mia unica fonte e' La Barbera - ha detto Genchi - e quando ci viene comunicato che stavano arrestando Contrada, mi spiega che a Roma stavano somatizzando, non piacevolmente. Contrada era in un gruppo completamente opposto a quello di Parisi. A Roma erano preoccupati su diversi aspetti perche' Contrada era un uomo delle istituzioni e avevano timori che parlasse di altre situazioni. Era stato espulso dal sistema. La Barbera mi dice che tutto quello su cui stavamo indagando si doveva bloccare: dai Servizi segreti, agli Stati uniti d'America, all'elezione del presidente della Repubblica quali movimenti delle stragi” Quanto alle armi sequestrate a seguito dell'arresto di Totuccio Contorno Genchi racconta di essere venuto a conoscenza del fatto che vi erano state delle "operazioni di manipolazione per far sì che venissero modificate. Arnaldo La Barbera mi parlò di armi portate ad Ostia, riempite di sabbia affinché poi non vi fosse corrispondenza con gli esiti balistici delle ogive che erano state rinvenute sui cadaveri degli omicidi avvenuti prima della cattura di Contorno".  

Il processo che si celebra a Caltanissetta dinanzi alla Corte d'appello, presieduta da Giovambattista Tona, vede imputati tre poliziotti appartenenti all'ex gruppo di indagine Falcone-Borsellino guidato da Arnaldo La Barbera. Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo sono accusati di calunnia aggravata dall'aver favorito la mafia per aver imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino al fine, secondo l'accusa, di costruire una falsa verità sulla strage. "Con La Barbera a capo della Squadra di Palermo - ha continuato Genchi - l'attività di intelligence venne trasferita a me. Non potendo intercettare tutte le cabine telefoniche ne abbiamo disattivate diverse per circoscrivere quelle dalle quali i mafiosi potevano chiamare. E ce n'era una che era una miniera d'oro di informazioni".

Il servizio dell'inviato Roberto Ruvolo