Migranti, strage in mare. I tre superstiti: "Eravamo in 120"

A raccogliere le testimonianze, i volontari dell'Oim, a Lampedusa, dove sono stati trasferiti i migranti

Drammatico il racconto dei sopravvissuti all'ultimo naufragio tra la Libia e la Sicilia, con 117 morti. "Siamo partiti in 120, giovedì, da Garabulli, ad est di Tripoli. C'erano donne e bambini. Un neonato di due mesi. Dopo 11 ore, il gommone ha cominciato ad affondare". A raccogliere le testimonianze, i volontari dell'Oim, a Lampedusa, dove sono stati trasferiti i migranti: tutti centrafricani, sotto choc e in ipotermia, per le lunghe ore trascorse in mare.
Alle 14, un velivolo dell'aeronautica italiana di base a Sigonella scorge una ventina di sopravvissuti, sgancia due zattere gonfiabili e lancia l'Sos. Ma è zona Sar libica, a 50 chilometri dalla costa.
La nostra guardia costiera allerta Tripoli che assume il controllo e ordina l'intervento di un mercantile liberiano: è a sette ore di navigazione, e arriva solo alle 21, quando il soccorso è già stato effettuato, dal caccia della marina italiana Caio Duilio, che da 110 miglia - dove si trova per l'operazione Mare sicuro - invia un elicottero che riesce a salvare solo tre dei naufraghi. Tre corpi galleggiavano senza vita. Secondo un'indiscrezione, un'imbarcazione libica sarebbe partita da Tripoli, ma si sarebbe subito guastata, tornando indietro. L'Ong Sea Watch, che aveva chiesto di intervenire, ha salvato 47 persone su un altro gommone.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione, ha espresso "profondo dolore per la tragedia che si è consumata nel Mediterraneo con la morte di oltre cento persone, tra donne, uomini, bambini".
Sul naufragio che sarebbe costato la vita a 117 persone al largo di Tripoli indagano la procura militare di Roma e quella ordinaria di Agrigento. Gli inquirenti stanno acquisendo le immagini dei soccorsi per verificare eventuali responsabilità e identificare anche gli scafisti a bordo del natante.