Il 3 febbraio 1998 un aereo militare americano tranciò i cavi della funivia

Cermis, "la strage dei top gun": il racconto, le foto, i video

Venti morti, di sei paesi europei, a causa di un volo fuori legge: troppo basso (cento metri dal suolo), troppo veloce (800 chilometri all'ora), fuori rotta . Ma i piloti vennero condannati solo per avere distrutto il video del tragico volo

Cermis, "la strage dei top gun": il racconto, le foto, i video
TgrTrento
“Una strage dei top gun sulla neve”. Il titolo - anni dopo quel tragico pomeriggio del 3 febbraio - venne fornito da uno dei marines che erano a bordo dell’aereo militare americano che in val di Fiemme tranciò le funi  (traente e portante) della funivia del Cermis.
 
Diciannove turisti, che stavano tornando a valle dopo una giornata sugli sci, e il manovratore della cabina, persero la vita dopo che il vagoncino precipitò a terra da un’altezza di oltre 108 metri.
 
Per quella strage, i quattro marines vennero processati ed assolti dalla Corte marziale americana. Furono poi condannati solo per la distruzione del nastro con il video che avevano registrato durante il volo tra le valli dolomitiche.

“Non potevamo consentire che quelle immagini, che ci riprendevano divertiti e sorridenti, finissero nelle mani delle televisioni e accostate al sangue delle vittime”, ammise  Joe Schweitzer, il copilota del Prowler. “Quello non fu un incidente durante un’esercitazione: fu una strage dei top gun sulla neve”.
Philip Strzelczyk aveva 14 anni. Era arrivato dalla Polonia con la mamma Ewa (37 anni). Sono morti assieme. Il padre in mattinata era stato con loro neve, ma era già sceso a valle, a Ziano,  perché aveva avuto un piccolo infortunio.

 Rose Marie Eyskens aveva 24. Era con il fidanzato Sebastian Van den Heede (27 anni). Con loro altri tre amici, tutto arrivati dal Belgio per una settimana di vacanza sulle Alpi: Hadewich Antonissen (24 anni); Stefan Bekaert (28 anni); Stefaan Vermander (27 anni). Facevano parte di una comitiva più vasta, di una quindicina di persone: loro, quel giorno, avevano scelto il Cermis, gli altri avevano optato per il Latemar. 

Anton Voglsang  aveva 35, era austriaco. Era in vacanza con la fidanzata Sonja Weinhofer (22 anni) di Monaco di Baviera. Da qualche mese vivevano assieme a Vienna.

Erano fidanzati anche Michael Pötschke (28 anni)Mandy Renkewitz (24 anni). Facevano parte di un gruppo proveniente da Burgstädt, città tedesca della ex Ddr. Gran parte della compagnia era già scesa. Nel vagoncino, con i due fidanzati, si trovano anche  Egon Uwe Renkewitz (47 anni, padre della ragazza); Jürgen Wunderlich (44 anni) Dieter Frank Blumenfeld (47 anni); Harald Urban (41 anni) e la moglie Annelie Wessig Urban  (41 anni)

Danielle Groenleer aveva 20 anni e veniva dall'Olanda. Era arrivata in val di Fiemme per lavorare in un albergo e studiare l’italiano. Nei momenti liberi amava sciare; quel giorno aveva deciso di trascorrere il giorno di riposo sulle piste del Cermis. Di Danielle, l'anno seguente, i familiari mostravano una foto mentre la figlia sciava sul Cermis poche ore prima della tragedia. Un’immagine impressa nella pellicola della macchina fotografica custodita nello zaino della ragazza. 
Maria Steiner Stampfl abitava a Bressanone e aveva 61 anni. Amava sciare sulla Plose ma quel giorno aveva raggiunto la val di Fiemme con un’amica, anche lei di Bressanone, Edeltraud Zanon Werth (56 anni). Il marito di Maria Stainer ricordò di aver riconosciuto la moglie solo per la catenina che portava al collo e che le aveva regalato a Natale.

Marcello Vanzo aveva 56 anni e abitava a Masi di Cavalese, poche centinaia di metri dal luogo dove la cabina si schiantò al suolo. Era il manovratore. Quel giorno non avrebbe dovuto essere sulla funivia, aveva però accettato il cambio turno con un collega. 

Le vittime provenivano da sei diversi paesi europei: Olanda, Polonia, Belgio, Germania, Austria, Italia. Nazionalità diversa, il medesimo destino, il grande dolore per i familiari: per loro, pochissime le occasioni di ritrovarsi tutti assieme.

Il 3 marzo 1999, in occasione del primo anniversario, si abbracciarono sul prato dove precipitò la funivia.

Guarda il servizio del 3 febbraio 1999 della Tgr Trento
Quel 3 febbraio, per Richard Ashby, era un giorno davvero particolare: il giorno dell’ultima missione addestrativa prima di poter fare ritorno finalmente a casa - dopo mesi in Europa - per una meritata licenza. Negli Stati Uniti con ogni probabilità lo attendeva anche una altrettanto meritata promozione.
 
Alla base di Aviano, in Friuli, erano schierati uomini e mezzi per l’operazione “Deliberate Guard” di pattugliamento dei cieli della Bosnia. Contemporaneamente, proseguiva l’addestramento per un intervento ben più impegnativo in vista della possibile azione contro la Serbia (che sarebbe scattato l’anno dopo, il 23 marzo 1999).
 
Quel martedi, il capitano Ashby era accompagnato dal copilota, il capitano Joseph Schweitzer, e da altri due ufficiali addetti ai sistemi di guerra elettronica a cui il Prawler era preposto: il capitano William Rancy e il capitano Chandler Seagraves. 

Team di primissimo livello nella formazione dei Marines, una squadra esperta ed affiatata. Doveva essere un volo spettacolare. Portarono anche macchina fotografica e cinepresa.
Decollo alle 14:35 da Aviano. La rotta prevedeva il passaggio sopra Cortina d’ Ampezzo, l’attraversamento dell’Alto Adige, lo sconfinamento in Lombardia fino a Ponte di Legno, la discesa verso la pianura Padana, a Casalmaggiore. Quindi il ritorno a nord, passando per Castelnuovo veronese, il Lago di Garda, la risalita attraverso la valle dei Laghi, lo sbocco nella valle dell’Adige per il passaggio in val di Cembra sino a Stramentizzo dove l'aereo doveva puntare puntato verso la Marmolada e poi scendere in Veneto e far ritorno in Friuli.

Il piano prevedeva il sorvolo a bassa quota: il limite era fissato a mille piedi (300 metri) anche se una disposizione italiana dal 1997 vietava il volo sotto i 2mila piedi (600 metri) nel sorvolo del Trentino alto Adige. Velocità massima consentita, 450 nodi (ottocento chilometri all'ora). 

Per lunghi tratti volarono però ad una velocità di 540 nodi (mille chilometri all'ora) e ad un’altezza molto al di sotto non solo di quanto consentito dalle regole italiane (600 metri), ma anche di quanto previsto dal piano di volo (300 metri). 
Più volte, quel giorno, il tragitto non rispettò il piano di volo: a Molina di Fiemme invece di alzarsi di quota e puntare verso la Marmolada, l’aereo virò ad imboccare la val di Fiemme. 
Alle 15.13, forse cercando di passare sotto i cavi della funivia (che attraversava la valle), il terribile impatto: la velocità stimata era di 800 chilometri all’ora, ad una altezza di cento metri dal suolo.

Il vagoncino giallo, con le 20 persone che stavano tornando a valle, si trovava ad un’altezza di 108 metri: per precipitare a terra, in quella radura innevata - proprio in prossimità della strada forestale da dove passa anche la Marcialonga - impiegò sette secondi.
La telefonata di Bill Clinton ad un Romano Prodi furioso,  arrivò solo alla sera, dopo le 20. Dopo che il Tg1, il telegiornale di massimo ascolto, mostrò le immagini di quanto era accaduto. Immagini che vennero poi trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo: ciò che restava della cabina gialla sul bianco della neve illuminata delle fotocellule dei vigili del fuoco; il via vai dei carri funebri che recuperavano i resti delle povere vittime;  la grossa fune d’acciaio tagliata di netto. Fu proprio questa immagine a rompere gli indugi delle Cancellerie, sino ad arrivare alla telefonata della Casa Bianca a Palazzo Chigi.
 
Non sarà una nuova Ustica, aveva detto il procuratore della Repubblica di Trento Granero prima di partire dalla Val di Fiemme alla volta di Aviano, in Friuli. Qui, con il sostituto Giardina,  il magistrato trentino aveva dovuto affrontare le autorità militari americane poco disposte ad aprire l’hangar e far visionare l’aereo alle autorità italiane. Circondati da militari americani armati, fu un confronto duro, con molta tensione, un vero e proprio scontro che richiamò alla memoria quello di qualche anno prima a Sigonella.
 
 Alla fine, gli inquirenti trentini riuscirono ad entrare nell’hangar: la scatola nera era già stata fatta sparire, rispuntò qualche giorno dopo, ma tutti i dati erano già stati cancellati. Bastarono però le semplici fotografie a confermare tutte le ipotesi, a dare delle certezze.
Quelle fotografie dimostravano, senza alcun dubbio, che erano state l'ala e il timone del Prowler a tagliare le funi del Cermis: la fune traente, che rimase penzoloni sopra la strada di fondovalle , e quella portante che, dopo una frustata terribile sull terreno, si fermò nei boschi, da una parte,a pochi metri da dove precipitò il vagoncino della funivia; dall'altra, il grosso cavo d'acciaio cadde sulla strada dove in quel momento, per fortuna, non transitava alcuna macchina. 
 
Nessuna altra ipotesi poteva reggere all’evidenza delle immagini della fune tagliata e alla chiarezza delle fotografie dell’aereo danneggiato. All’inizio, per la verità, qualcuno aveva cercato di diffondere la notizia che il disastro era dovuto ad uno  “scarrucolamento” provocato dal violento colpo d’aria conseguente al passaggio dell’aereo, tentativo di depistaggio che non ebbe però alcuna conseguenza rispetto all’evidenza delle immagini raccolte dalla Rai di Trento e diffuse in mondovisione.

Nell’epoca degli smartphone, dei video e delle fotografie che riempiono i social per qualsiasi accadimento, pare impossibile che - solo vent’anni fa - non ci sia stata alcuna documentazione visiva di quanto era successo.
 
Una tragedia a valenza mondiale senza alcun video, senza alcuna foto come ricorda questo servizio della Tgr per il ventesimo anniversario della strage
“Capitano Richard Ashby, questa corte la dichiara non colpevole di tutti i capi di accusa per i quali è stato chiamato a rispondere”.  Il 4 marzo 1999, tredici mesi dopo la strage sulla neve della val di Fiemme, la Corte Marziale dei Marines a Camp Lejeune poneva sostanzialmente fine al percorso giudiziario per l’incidente del Cermis e metteva fine anche alla domanda di giustizia dei familiari e dell’opinione pubblica internazionale.

Agli otto membri della Corte, erano servite sette ore di camera di consiglio per decidere che il pilota del Prowler non era da ritenere responsabile della morte di venti persone.
 
L’assoluzione di  Ashby ebbe come immediata conseguenza l'archiviazione delle accuse nei confronti di Joseph Schweitzer, il copilota e navigatore. Era stato lui, a bordo del Prowler, ad effettuare le riprese di un video che conteneva le immagini dei paesaggi, delle montagne, delle acrobazie, delle risate. Fu sempre lui, pressato dall'accusa e consigliato in questo senso dai suoi avvocati, a decidere di chiudere la partita con la giustizia americana per la distruzione del video.
 
Dopo l’impatto con i cavi della funivia, riuscire a portare l’aereo ad Aviano fu una vera e propria impresa. Roba da non credere, commentarono gli esperti. Per ore gli uomini della protezione civile Trentina cercarono sulle montagne della val di Fiemme e della val di Fassa il relitto di un aereo militare.
Tutti erano convinti che dopo quell'urto, ad una velocità di quasi mille chilometri all’ora, l’aereo non potesse che schiantarsi a terra. Invece, alle 15.25 riuscì ad atterrare ad Aviano: un atterraggio d’emergenza - i mezzi dei vigili del fuoco e i soccorritori schierati lungo la pista - compiuto in condizioni difficili e rischiose. Nello scappare di corsa lungo la pista, uno dei quattro marines cadde e si ruppe una caviglia.

Eppure i due piloti del Prowler avevano avuto la lucidità di estrarre la cassetta con il video e sostituirla con una vuota. Poi, dopo una notte di interrogatori da parte delle autorità militari americane, Schweitzer riuscì a distruggere la cassetta e il suo imbarazzante contenuto.
 
Incriminato per cospirazione e ostruzione alla giustizia, Schweitzer decise di ammettere le proprie responsabilità e di definire il patteggiamento. Fu radiato dal corpo dei Marines, ma in questo modo riuscì ad evitare anche un solo giorno di carcere.
 
Per la distruzione della cassetta, Ashby fu chiamato in correo dal navigatore: “Appena arrivati ad Aviano, Ashby aveva tolto la cassetta. Mentre correvamo lontano dal jet per metterci in salvo, Ashby me la passò e mi disse: falla sparire altrimenti questi ci mangiano vivi”. Il 10 maggio 1999, il pilota venne condannato a sei mesi e alla radiazione. Dopo cinque mesi, Ashby fu scarcerato per buona condotta.
La doppia sentenza della corte marziale americana (assoluzione dei due piloti per l’incidente della Val di Fiemme; condanna per aver distrutto il nastro con la registrazione del video del volo) chiuse di fatto la vicenda giudiziaria conseguente alla strage del 3 febbraio 1998. Il processo davanti ai giudici militari dei marines iniziò nell’agosto dello stesso anno.

Poche settimane prima, il 13 luglio, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trento, Carlo Ancona, in virtù del trattato di Londra del 1951, aveva riconosciuto che per i fatti del Cermis la giurisdizione era quella americana.
 
Tra i primi atti della Corte marziale fu quella di sentire i testimoni che non era possibile sentire negli Stati Uniti. Udienza che, mediante rogatoria internazionale, si tenne a Trento, al primo piano di Palazzo di giustizia.

Arrivarono anche i due piloti, Ashby e Schweitzer, vestiti in abiti civili, accompagnati dei loro difensori. Non avendo titolo per entrare in aula, stazionavano nei corridoi, determinati però a non rispondere, nemmeno un cenno del viso, ai tentativi di interlocuzione messi in sotto dai giornalisti locali.

La loro presenza - soggiornavano in un albergo della Val di Fiemme -creò non poco malumore in una comunità ancora sotto choc per l’incidente di febbraio e per la decisione di assegnare alla giustizia americana il compito di processare i due piloti.
Il 20 ottobre 1998 prese avvio la rogatoria. A condurre gli interrogatori fu il giudice Carlo Ancona, affiancato da due giudici della Corte militare americana di Camp Lejeune,  base dei marines nel North Caroline.

Furono sentite decine di persone, una settantina. Accusa e difesa interrogarlo tutti testimoni oculari, i periti, i tecnici che avevano ricostruito la dinamica del volo.

Guarda il servizio del 20 ottobre 1998
La presenza a Trento dei piloti responsabili del diastro della val di Fiemme e della morte di venti persone riaccese le polemiche anche sulla decisione del Gip di riconoscere la giuridizione americana.

Scelta che - il 13 luglio di quell'anno - era stata presa dal giudice Ancona nel corso di una udienza che si concluse con una clamorosa protesta: il procuratore Repubblica di Trento, Francantonio Granero, uscì dall’aula assieme all’avvocato Bruno Malattia, difensore di piloti. Si allontanarono assieme lungo il corridoio del palazzo di Giustizia.

Una convergenza, tra accusa e difesa, davvero singolare, al termine di mesi di grande tensione tra le parti.
 
Da parte sua, il giudice Carlo Ancona con quella decisione volle ribadire il valore dei trattati internazionali a cui, peraltro, anche il nostro Paese fece riferimento quando militari italiani si trovarono coinvolti in questioni giudiziarie all’estero.

Una scelta che tanti anni dopo, nel  gennaio 2019, raggiunta la pensione, lo stesso Carlo Ancona così spiegò a Tiziana Raffaelli nel corso della trasmissione Buongiorno Regione della Tgr Trentino. Guarda video.
 
Ogni avvenimento offre lo spunto per evidenziare coincidenze. Ma quella della funivia del Cermis, la montagna che chiude la val di Fiemme all'altezza di Cavalese, è una vicenda dove le coincidenze sono molte e sono terribii. 

I disastri che hanno interessato strutture funiviarie sono,  per fortuna, davvero pochi. Per l'impianto del Cermis - che partiva da Cavalese e attrraversava la valle con un'unica campata -  si deve invece parlare di una duplice tragedia: quella del 1998, infatti, faceva seguito a quella del 1976 quando le vittime furono 42.

In ambedue i casi, l'incidente avvenne nell'ultimo tratto della discesa, quello in prossimità dell' Avisio, prima di giungere a Cavalese. In ambedue i casi, il disastro avvene nel pomeriggio e a precipitare è stata la cabina che scende ovvero quella trasportava a valle gli sciatori dopo la giornata sugli sci.

Vediamo il ricordo di quelle tragedie nel servizio di Alberto Folgheraiter che, nel 2006, per la Tgr Trentino, propose anche le immagini in bianco e nero del primo incidente.
Nel vagoncino si trovavano 19 turisti e il manovratore: tutti deceduti TgrTrento
Nel vagoncino si trovavano 19 turisti e il manovratore: tutti deceduti
Danielle Groenleer aveva 20 anni e veniva dall'Olanda. La foto è stata scattata sulle piste del Cermis nella mattinata del 3 febbraio TgrTrento
Danielle Groenleer aveva 20 anni e veniva dall'Olanda. La foto è stata scattata sulle piste del Cermis nella mattinata del 3 febbraio
I piloti dell'aereo dei Marines tgrTrento
I piloti dell'aereo dei Marines
Il gen. Michael Delong, capo della Investigation Board Usa, durante la conferenza stampa nella base militare di Aviano Ansa
Il gen. Michael Delong, capo della Investigation Board Usa, durante la conferenza stampa nella base militare di Aviano
il cavo portante della funivia del Cermis tagliato di netto dall'aereo militare americano TgrRai
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Un volo di 108 metri, poi lo schianto del vagoncino giallo sulla neve TgrTrento
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Il capitano Richard Ashby durante la rogatoria in Tribunale a Trento TgrTrento
Il capitano Richard Ashby durante la rogatoria in Tribunale a Trento