Ricercatori trentini ma cittadini europei: il ritorno in Italia è un sogno

Consegnati i premi Demattè 2019 a Stefano Nones e Ilaria Paparella, che hanno studiato a Trento e lavorano in Germania e Francia: "Vorremmo tornare in Italia ma non è ancora il momento". La storia di Simone Marino, ora funzionario all'Ue

Quest'anno sono due, i giovani ricercatori a cui è stata assegnata la borsa di studio dedicata a Claudio Dematté. Entrambi laureati a Trento, fanno la specializzazione all'estero, e sono stati premiati proprio per questo: ma l'incognita sul fatto che, prima o poi, ritorneranno a casa, si ricollega al grande tema del declino italiano nel contesto europeo.

Stefano Nones, 31 anni, approfondirà in Germania, all'Università di Gottingen, come battere il coleottero che minaccia la quercia da sughero. "Tornare in Italia? "Mi piacerebbe pensarlo - ha risposto Nones -.  Ma attualmente lo vedo ancora difficile, mi servirà ancora un periodo di specializzazione all'estero e dopo riconsidererò questa possibilità. Perché è difficile trovare una situazione stabile, per me tornare ora significherebbe farlo per periodi brevi, e significherebbe soprattutto incertezza".

Ilenia Paparella, 25 anni, si occupa invece di psicologia. E con il premio Dematté studierà - in Francia, in un laboratorio di Lione guidato da un'altra italiana - gli effetti sulla vita quotidiana degli stereotipi della pubblicità. "Credo che al momento - ha risposto Paparella - mi possa giovare di più un'esperienza internazionale, ma al ritorno in Italia continuo a pensare, ed è il mio obiettivo finale. Solo che non so quando, perché è difficile: il maggior problema è la la stabilità delle nostre posizioni, in Italia si pensa alla ricerca come a qualcosa di astratto e invece non lo è".

Prima della consegna del premio, nel salone del Grand Hotel Trento, si è parlato proprio dell'immobilismo italiano, definito così nel primo di una serie di tre incontri organizzati dall'Associazione degli amici di Claudio Demattè, economista ed ex presidente della Rai, per rafforzare la prospettiva europea. Ne hanno discusso il presidente del premio, Michele Andreaus, docente dell'Università di Trento. E uno degli studenti (di Sociologia) premiati in passato, nel 2012: Simone Marino.

Marino è ora alla Commissione europea, lavora a Bruxelles, dove si occupa di riforme e di come le riforme possono essere implementate dai governi nazionali. Uno sguardo sul futuro, il suo, che è particolare: è quello di un giovane italiano che lavora in Europa ma mantiene un forte senso di appartenenza alle sue origini. "L'Italia - ha detto alla platea trentina - deve abbandonare un atteggiamento provinciale: ai giovani oggi serve ambizione, l'ambizione concreta di lavorare per la propria comunità. Il nostro Paese deve recuperare quello che aveva nel passato: la voglia di sperimentare e scoprire".

Un paradosso sottolineato anche dal professor Andreaus, secondo il quale "in Italia oggi operano molte imprese innovative ma in un contesto che non è innovativo". Occhi puntati soprattutto sulla pesantezza della burocrazia e su quella che appare un'emorragia senza sosta di emigrati, anche dal Trentino. "Dagli ultimi dati che ho visto - ha detto il presidente provinciale di Confindustria, Fausto Manzana - siamo tornati ai livelli del 1949".