Quel pellegrinaggio a piedi sino a San Romedio

Tantissimi i fedeli saliti al Santuario del santo con l'orso che veniva dal Tirolo. Oggi la messa del vescovo Lauro e le tradizionali trippe


Il cammino a piedi, nella rigida mattina di metà gennaio, verso il santuario più conosciuto di tutto il Trentino, meta in ogni stagione dell'anno, di decine di migliaia di turisti che salgono sin quassù, verso questa singolare struttura formata da 5 chiese, costruite una sopra l'altra, proprio in cima al grande sperone di roccia che domina la stretta gola.

Se san Vigilio, vescovo del quarto secolo, è il patrono del Trentino, san Romedio è il riferimento popolare: il santo con l'orso, arrivato a Trento da Tahur, cittadina del Tirolo: l'attraversamento delle Alpi, segno di collegamento - anche nella devozione del popolo - tra le terre dove i fiumi scendono verso nord e le aree che guardano al Mediterraneo. 

Il santuario di san Romedio così simile a quello tirolese di San Georgenberg.

Nel giorno di san Romedio, sono tantisismi i trentini - e non solo - che non sono voluti mancare all'appuntamento.

I 130 scalini sino alla chiesa superiore dove la messa è celebrata dal vescovo Lauro, a testimonianza del rapporto stretto che ancora esiste tra il santo eremita e la comunità trentina. 

E come tradizione, poi, un piatto di trippe, pasto ristoratore per i viandanti di un tempo, ma anche per i pellegrini del terzo millennio.