Carmine Abate: "Vi racconto di Segantini e del mio cercatore di luce"

Esce l'ultimo libro dello scrittore di origini calabresi, ma trapiantato in Trentino, già vincitore del Campiello. Una storia che parte dalla Scanuppia, la montagna sopra Besenello. Romanzo famigliare che unisce il pittore di Arco e un ragazzino

Carlo ha dodici anni quando sale in Scanuppia, la montagna sopra Besenello, per trascorrere le vacanze estive nella baita di famiglia. I genitori non fanno che litigare, la tensione è palpabile, eppure un inatteso sollievo lo coglie quando si immerge nel dipinto appeso nella sua stanza: una giovane donna con un bambino tra le braccia.

Un quadro misterioso che attira il ragazzino, che però non ne conosce l'autore. Sarà la nonna di Carlo, la vecchia Moma, a raccontargli la storia della mano che dipinse il capolavoro: Giovanni Segantini. 

Parte da qui l'ultimo romanzo di Carmine Abate, edito da Mondadori. "Il cercatore di luce", storia che si dipana tra Besenello e l'Alto Garda, ma che arriva poi alle vette svizzere di Maloja.

Un romanzo diviso in tre parti - la Vita, la Natura, la Morte - proprio come il trittico di Segantini. Pennellate di scrittura con i tratti di un libro giallo.

Come il famoso quadro di Segantini sia arrivato nella baita in Scanuppia lo si ricostruisce pian piano, in una storia famigliare che attinge dal passato ma tocca anche l'attualità, quella di Besenello ad esempio e pure le prese di posizione sulla Valdastico.

Carmine Abate, già vincitore del premio Campiello, con la "Collina del Vento", si è messo sulle tracce di Segantini per mesi. Ma nel libro non manca un riferimento alla sua terra, la Calabria, a quella minoranza arbëreshe nata nel 400 dai profughi in fuga dall'impero Ottomano.  

Dico che non bisogna tagliare il cordone con la propria terra di origine, preferisco vivere "per addizione", storie e luoghi che si aggiungono e costruiscono le infinite vicissitudini della storia personale di ognuno. Anche "il Cercatore di luce" è un romanzo di luoghi.