Dal Trentino all'Iran, Campedelli lotta per i diritti delle pallavoliste

L'allenatrice di Mori combattuta tra i timori per le proteste, il desiderio di non abbandonare le giocatrici e la pressione delle autorità

Andarsene dall'Iran per protestare contro il governo o restare a Teheran per aiutare le giovani donne? Sono i tormenti di Alessandra Campedelli, da gennaio allenatrice della nazionale di volley femminile dello Stato Islamico. Lei che nel 2017 portò l'Italia della pallavolo sorde ad uno storico argento mondiale. Quello con lo splendido Inno di Mameli nella lingua dei segni

Ora un'altra sfida per i diritti, ancora più complessa. "In questo momento il mio ruolo è quello di aiutare tutte le donne pallavoliste in Iran, a migliorare e a sapere che grazie alla pallavolo possono conquistarsi uno spazio", spiega Campedelli.

In questi giorni è a casa a Mori, in Trentino, ma presto dovrebbe tornare a Teheran. Stretta tra il desiderio di non abbandonare le sue giocatrici, i black out di internet e la pressione delle autorità. "La federazione stessa - racconta - mi ha chiesto di non parlare di altro. E io devo stare a quello che loro mi hanno caldamente richiesto". L'eco delle proteste che da un mese impressionano il mondo, non arriva nel centro federale. Ma anni di repressione hanno lasciato il segno sul modo di relazionarsi, anche negli spogliatoi. "Non mi aspettavo la difficoltà di queste donne a manifestare con chiarezza le proprie emozioni, nonostante io lo chieda sempre alle mie squadre", conclude Campedelli