Il presidente dell’Ance Umbria, associazione dei costruttori di Confindustria, Albano Morelli, sarà processato per appropriazione indebita. Il Gip del Tribunale di Spoleto, Federica Fortunati, lo ha rinviato a giudizio in qualità amministratore di fatto di una società che si occupa dello sfruttamento di una cava situata nel comune di Giano dell’Umbria.
Secondo l’accusa, in concorso con il padre - amministratore di diritto -, Morelli avrebbe sottratto 85mila tonnellate di materiale prodotto dalle escavazioni per venderlo o comunque utilizzarlo nel proprio interesse, a discapito del socio, titolare della concessione: il novantenne Mario Cerasoli. L’anziano imprenditore, assistito dall’avvocato Valeria Passeri, si è costituito parte civile e chiede un risarcimento di mezzo milione di euro. Valore calcolato sulla differenza tra il materiale estratto dalla cava e quello effettivamente venduto, emersa dopo la consulenza di un tecnico della Regione. A disporla era stato il pubblico ministero spoletino Andrea Claudiani, titolare dell’inchiesta affidati alla Guardia di finanza di Foligno e Todi.
Stando alla versione difensiva, invece, si tratterebbe di un equivoco: il materiale “fantasma” non avrebbe mai lasciato la cava, suddiviso tra scarti e deposito. Per appurarlo il difensore di Albano Morelli e del padre, avvocato Alessandro Di Baia che parla di “abbaglio” dei consulenti, aveva chiesto una perizia nelle forme dell’incidente probatorio: non è stata concessa. Il Gip ha deciso che la vicenda merita, sì un approfondimento, ma in un’aula di tribunale.
“Ci vorrà pazienza, ma si chiarirà tutto – spiega Albano Morelli al Tgr Rai, lontano da microfoni e telecamera per evitare di dare risalto a una questione a suo avviso senza fondamento e destinata a finire nel nulla – Non abbiamo mai fatto niente di illegale: né io, né mio padre, né la mia azienda”. La prima udienza davanti al giudice monocratico del Tribunale di Spoleto è fissata tra un anno, il 31 maggio 2023.
di Andrea Rossini